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Visualizzazione dei post da gennaio, 2014

Il mio parere su Don Jon

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Per me Joseph Gordon-Levitt rimarrà sempre Tom , il ragazzo romantico perso d'amore per Summer / Zooey Deschanel di (500) Days of Summer , non c'è niente da fare. Nessuno ha mai amato così in un film, nessun uomo almeno, e una cosa del genere una ragazza dalla vita lievemente e romanticamente influenzata dal cinema non la può dimenticare facilmente, nemmeno se ha 30 anni suonati. La cornice indie-sentimentale in cui ho fissato definitivamente Joseph Gordon-Levitt ha probabilmente influenzato la mia visione di Don Jon . Mi è piaciuto, è un film godibile (e in cui per lo più si gode!) e sfacciato, destruttura la commedia romantica e la fa incontrare con il porno dando vita ad un ibrido molto divertente e originale, però... Però succede che quando un film e un personaggio sono piaciuti tanto e sono diventati pezzi di cuore, allora è difficile dimenticarli e calarli in altri panni, soprattutto se quei panni di bravo ragazzo romantico sono diventati quelli di un tama

I Love Books: 63. Racconti dell'età del jazz

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Racconti dell'età del jazz è stato il mio primo libro letto in formato e-book sul mio primo nuovissimo Kindle (che sto amando tanto e di cui tesserò le lodi in un altro post...). E' stata anche la prima volta in cui ho scelto deliberatamente di leggere dei racconti, forma narrativa che, l'avrò detto mille volte, non amo tanto, preferendo la frequentazione lunga alla fugacità letteraria. Questa congiunzione di prime volte ha reso il libro affascinante a priori e ha dato alla mia lettura un tocco in più di entusiasmo da principiante/esploratrice. Nuovo supporto, nuova scelta di genere, (quasi del tutto) nuovo autore. Di Fitzgerald avevo letto solo Il grande Gatsby almeno una decina di anni prima del suo revival commerciale post- film di Baz Luhrmann ; non era scattato alcun entusiasmo particolare, ma all'epoca ero una liceale e forse non avevo la maturità giusta per entrare dentro lo stile, il disagio e il senso degli anni di Fitzgerald . Questi racconti, comp

Il mio parere su The Wolf of Wall Street

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Vengo subito al dunque: The Wolf of Wall Street è una figata, una botta di vita, un film FURIOSO e TRAVOLGENTE. Se andate al cinema a vederlo con un umore grigiastro da tedio domenicale, uscirete dalla sala con una carica di adrenalina pazzesca, con il diavolo in corpo e una gran voglia di ridere e urlare. E' un film stupefacente, in senso lato e letterale. Chi mi conosce sa che non sono una fan di Scorsese e del suo cinema dilatato ed enfatizzato, l'ho già detto parlando di Hugo Cabret (che, a sorpresa, è stato per me amore al primo sguardo e uno sguardo nuovo sul cinema del vecchio Martin ). Quando però c'è Di Caprio in ballo, non c'è avversione registica che tenga: l'occasione di vedere le performance mattatoriali e sanguigne di Leo , i suoi climax passionali a colpi di vene del collo ingrossate e denti digrignati fino alla mostruosità, non la perderei per nulla al mondo. Amo, amo, amo questo attore e odio, odio, odio l'Academy e la sua ridicola

I Love Books: 62. Mansfield Park

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Tornata ieri da un piacevole fine settimana a Londra, mi porto dietro la mia solita depressione post-viaggio e un senso di saudade per la terra albionica e per il suo essere non un paese qualunque, ma un regno in cui sono sparsi pezzi del mio cuore e del mio immaginario. Approfitto di questa vena anglofila (una vena a dire il vero perenne) per parlarvi di Mansfield Park che ho finito strategicamente poco prima della partenza. (Adoro crearmi spazi geografici mentali con i romanzi, prima di visitare dal vivo certi posti. L'ho fatto anche prima di andare a Parigi, sincronizzando il mio viaggio con la lettura di  Notre-Dame-de-Paris !). La cara, garbata, adorabile Jane Austen è sempre garante di ore spensierate e di righe di parole su cui gli occhi scorrono molto volentieri, volteggiando senza alcun attrito verboso o noioso. Questa volta però la sensazione di chiudersi a chiave dentro il tepore britannico del libro, estromettendo tutto il mondo esterno e le seccature, è stata

Il mio parere su Lo Hobbit - La desolazione di Smaug

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(Non c'entra niente con il post che sto per scrivere, ma non posso non esprimere la mia felicità per il Golden Globe a  La grande bellezza . Vedere Sorrentino stringere in mano quel globo dorato e solitamente irragiungibile per il nostro Cinema, mi ha riempita di orgoglio e autostima patriottica!). Ma veniamo al secondo capitolo de Lo Hobbit . Tradizione vuole che io vada a vedere questa saga sempre in periodo post-natalizio e pre-depressione da fine delle festività; l'atmosfera piacevole di quei giorni, con la loro essenza di inverno, di tepore da sala cinematografica pomeridiana, di sospensione temporanea della routine quotidianità a favore di una sorta di magia buonista, mi rende più incline al fantasy, genere che come ormai avrete capito non frequento abitualmente per via di una tendenza mostruosa e astrologica alla razionalità. Con Lo Hobbit l'accettazione del fantastico e dell'effettone speciale prodigioso, mi viene spontanea e mi lascio andare beatamente

Il mio primo film del 2014: American Hustle

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Non poteva iniziare meglio la mia stagione cinematografica del 2014: da tempo non avevo una seduta di cinema così divertente e liberatoria. Il bello di American Hustle (di David O. Russel , 2013), la sua forza travolgente è il suo non essere affatto un film raffinato e distinto, contenuto ed essenziale (un po' come era Argo con cui ha in comune solo l'epoca e il topos della truffa), ma il suo essere eccessivo, tamarro, posticcio come il riporto/parrucchino di Irving / Christian Bale , come i ricciolini di Richie Di Maso / Bradley Cooper , come gli imbrogli messi in atto dalla folle coppia di protagonisti. I film di Russel hanno sempre questa patina consapevolmente volgare, questa totale mancanza di signorilità a favore di un trionfo di mosse sguaiate, scene madri chiassose ed esagerate e grossolanità generale; in American Hustle la cifra stilistica pacchiana è potenziata più che mai ed è garanzia di intrattenimento. La ricostruzione degli anni '70 è curata fino

Il mio ultimo film del 2013: Philomena

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Quando, sul finire dell'anno, sono andata a vedere questo film - influenzata da una serie di recensioni e reazioni mediatiche contente e dall'applausometro più che positivo del Festival di Venezia - mi sono portata con me un'idea precisa di quello che sarebbe stato, una convinzione solida (e sbagliata). Per l'esattezza quello che mi aspettavo era un filmone carico di rabbia, passione e avventura, la possibilità di un dolore, di un'emozione cinematografica forte. D'altronde la storia vera di un'anziana donna irlandese che con l'aiuto di un giornalista si mette alla ricerca del figlio perduto 50 anni prima, strappatole via da suore brutali e dato in affidamento ad una famiglia americana, si prestava all'accensione di sentimenti potenti, se non altro di schiumosi rigurgiti anti-cattolici e di desideri di violenza/vendetta. Così non è stato perché Philomena  (di Stephen Frears , 2013) è un film essenziale, quasi elementare, senza pose, senza posi