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Visualizzazione dei post da marzo, 2016

I Love Books: 116. Gli amori difficili

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Leggerezza, ariosità, sensazioni talvolta attraversate da un'inquietudine, una solitudine, un velo di mal di vivere che non disdegna però l'abbraccio di una dolceamara ironia. La tristezza "calvinizzata", ossia coperta da uno sguardo ironico, persa nel confine tra serio e faceto, tra difficoltà e facilità. Non sono perfetti come altri suoi scritti aurei (tipo questi ), non hanno sempre il mordente che ci si aspetta da uno come Calvino , sono spesso sfuggenti, ma sono scritti così bene, con una celebrazione così spontanea e avvolgente della lingua italiana, da dare piacere al lettore al di là del contenuto della narrazione. Amare lo stile di Calvino è un modo di amare ogni sua opera, ogni sua espressione creativa così peculiare, e anche di fronte ai racconti che mi sono parsi più evanescenti, ho provato qualcosa di simile a quello che prova l'esteta di fronte ad una manifestazione di Bellezza o il sapiente di fronte al Genio. Racconti scritti con grazia d

Il mio parere su The Hateful Eight

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Le mie aspettative su questo film transitavano tutte nell'area piuttosto arresa del "tanto ho letto e sentito dire che fa addormentare" et similia. L'idea che mi ero fatta di questo ultimo film di Quentin   Tarantino era quella di un sonnifero. Quale somma sorpresa nel verificare, durante e dopo la visione - avvenuta senza alcun pronosticato rapimento da parte di Morfeo - che The Hateful Eight non solo mi è piaciuto, ma mi ha anche gratificato, mi ha aperto quel varco accogliente del coinvolgimento a più livelli che, a detta dei più, avrei dovuto aspettarmi chiuso. Non posso tirare in ballo il termine esaltazione, questo no, ma soddisfazione sì, godimento narrativo pure, stile idem. Quasi tre ore di narrazione a ritmo crescente raccolta dentro un rifugio dal blizzard esterno, l'emporio di Minnie , che è in realtà luogo pericolosissimo, teatro di smascheramenti, di menzogne e di verità sanguinolente, di identità vere o presunte, di odio prima strisci

I Love Books: 115. L'amore in un clima freddo

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Di tanto in tanto mi piace immergermi in quel tipo di letteratura femminile british  e vintage che non nasconde la sua leggerezza, la sua frivolezza, ma ne fa tratto distintivo di grande acume e stile, furbizia letteraria autoconsapevole e felicemente disimpegnata. Per scrivere di riti sociali mondani, debutti londinesi, inviti a balli e cene di fondamentale importanza, dinamiche di pura irresistibile superficie, abbelliti da trine, merletti e qualche gustosissimo scandalo, occorre molta abilità, parecchia autoironia, brillantezza e disincanto. Quella verve comica sottile che solo gli inglesi hanno, soprattutto se fanno parte di quella stessa alta società che descrivono e deridono. E occorre avere uno stile che renda la lettura un gradevole invito a nozze (letteralmente), una possibilità di spionaggio esclusivo di situazioni nobiliari affette da crisi di nervi e vittime di cadute di stile e innamoramenti inappropriati seguiti da appropriati sollevamenti. Tempo fa ho letto e

Il mio parere su Room

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Dentro le pareti strette della reclusione di questo film si aggira un fenomeno. Il suo nome è Jacob Tremblay ed è lui ad aver vinto idealmente tutti gli Oscar, mentre voi, guardandolo al cinema, vincerete quel tipo di premio che solo un grandissimo film sa dare. Le vostre bocche si spalancheranno al suo cospetto e anche i vostri cuori. Una folgorazione emotiva. Io non ho parole per dire quanto sia prodigioso e intenso in Room (di Lenny Abrahamson , 2015, tratto dal romanzo omonimo di Emma Donoghue ), quanto mi abbia più e più volte colpito con la violenza dirompente delle emozioni derivanti dalla purezza. I suoi bellissimi occhi allargano le ristrettezze, sfondano pareti carcerarie, permettono al candore di avere la meglio sullo squallore. In Room Jacob è Jack .  Un bambino brillante dentro una scatola che non gli impedisce di irradiare luce, dentro un micromondo completamente sbagliato e ingiusto che ha, ai suoi occhi, la normalità di ciò che si accetta senza sfo

I Love Books: 114. New York Stories

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New York Stories è il caso perfetto di letteratura come biglietto aereo, come possibilità di viaggio e di comprensione, o almeno perlustrazione, dell'altrove, come evasione possibile dal nostro prosaico perimetro fisico. Non sono mai stata a New York ed è vano dire che è in cima alla mia fin troppo ottimistica wishlist di viaggi, una mia zona mentale di fughe inventate e mutuate dai film che mi attanaglierà con il suo fascino simbolico e micidiale forever and ever. Dio, quanto vorrei farci un salto, anche un migliaio di salti! Non avvio celebrazioni della città perché non ne uscirei più e perché è cosa troppo ovvia che New York richiami innamoramento, amore, desiderio, sogno, perdizione e altre cose sublimi che hanno a che fare più con stati mentali e filosofici che con lo Stato di New York. Però voglio celebrare questa raccolta di racconti memorabile, soprattutto per un'allergica alle short stories come me (mi sto curando, tranquilli), e dire quanto sia stata un regal