Post

Visualizzazione dei post da luglio, 2016

Il mio parere su Ave, Cesare

Immagine
"Questo è l'ultimo film dei fratelli Coen che vedo!". Mi son detta così a fine film in preda ad un mix di tedio, frustrazione e irrequietezza da tempo sprecato. C'è da dire che non sono mai stata una fervida sostenitrice dello stile Coen e che il loro precedente film A proposito di Davis  lo considero uno dei più noiosi di sempre, ma, gusti personali a parte, credo che siamo tutti oggettivamente davanti ad un epic fail, ad un motore-ciak-azione in cui l'azione è sostituita dalla citazione. Seriamente, che razza di idiozia è Ave, Cesare ? Aspettative nella mia testa: un film satirico e irriverente sul making of di un colossal storico-biblico anni '50, grottesco sì perché i Coen sono così, ma avvincente. Realtà : quasi due ore di noioso andirivieni dentro e fuori un teatro di posa hollywoodiano, la sensazione di una sceneggiatura informe, di un'idea stentata, disorganica, di una serie di spunti e riferimenti cinefili, politici, storici che non r

Il mio parere su Perfetti sconosciuti

Immagine
Perfetti sconosciuti mi è piaciuto proprio tanto, è un film sagace e sensibile come non mi aspettavo. L'avevo lasciato andare per abitudine al disinteresse verso certa cinematografia italiana pop, ma poi ne ho sentito parlare bene e sono andata a cercarlo una sera d'estate. Non è la solita disamina composta e buonista di amore, sesso e bla bla bla, ma un sottile e teatrale gioco di performance, un'arena ora comica ora drammatica dove la verità si spoglia e la tensione cresce a dismisura. Paolo Genovese piazza delle pedine e ci gioca davanti allo spettatore, divertendolo, incuriosendolo, agitandolo, con la giusta furbizia e una lodevole intraprendenza nella costruzione dell'intreccio e nell'uso della parola. Sette amici di vecchia data, tre coppie sposate e uno (pseudo)scapolo, un'abbondante cena a casa di due di loro, un gioco proposto per caso e diventato imposizione, la perdita di controllo, di contegno, di ritegno. Fuori c'è un'eclissi

I Love Books: 124. Lamento di Portnoy

Immagine
Di Philip Roth non ne ho mai abbastanza. Mi sento ripiena di rigurgiti di intolleranza, rabbia e passione da tragedia greca dopo ogni suo libro, sento la mia mente provocata e pungolata fino allo stress, eppure trascorso l'intervallo di qualche altra lettura di ben altro genere (bisogna nutrirsi di un po' di tutto in letteratura), ritorno a scegliere lui. Lamento di Portnoy lo attendevo da tempo ed è stato esattamente come lo immaginavo: un concentrato del Roth più irriverente, audace, a tratti depravato. Il manifesto sboccatissimo di uomo in analisi che nel rievocare il passato e nel raccontarsi senza filtri, vomita sul lettore una valanga di problemi, di perversioni, di situazioni tragicomiche. Sesso, ebraismo, famiglia, conflitti genitori-figli, solite eterne questioni enormemente irrisolte in Roth . Di base non sono una puritana e non mi sconvolge il turpiloquio, eppure stavolta ho sentito il mio senso del pudore bendarsi gli occhi e tapparsi le orecchie di fron

I Love Books: 123. Una famiglia decaduta

Immagine
Letteratura russa: di qualunque foggia essa sia, è un rifugio letterario in cui andar a trovare riparo periodicamente, famiglia sempre accogliente. Soprattutto dopo che le tue letture recenti sono state in successione Philip Roth e Jonathan Franzen , micidiali demolitori di certezze e subdoli psicoanalisti dell'anima del lettore. Non che Dostoevskij o Tolstoj siano da meno in quanto a passioni devastanti e universali e infatti io stavolta mi sono rivolta a Nicolaj Leskov , voce meno nota di cui non avevo mai letto nulla prima e che ho scoperto grazie - ancora una volta - a Santissima Fazi Editore. A mio parere siamo in presenza di letteratura russa minore, che si dà con meno imponenza e si può prendere con più leggerezza, non solo perché la mole è minuta e lo stile agevolissimo, ma perché ciò che viene narrato è semplice, genuino, bonario. I riferimenti storico-politici sono costanti (il libro seppur breve è ricco di note esplicative), il background vibra sotto la supe

Il mio parere su Anomalisa

Immagine
Questi sono i tempi in cui l'animazione ha dentro un'anima, su questa straordinaria verità non ho più dubbi. Non ho più bisogno di distinguere le mie emozioni in base al tipo di tecnica cinematografica da cui provengono o l'umanità reale da quella artificiale. Anomalisa  è la conferma ulteriore di questa tendenza, è l'emblema perfetto dell'umano dentro il digitale, del pulsante dentro il tecnico. Come da titolo, Anomalisa è un film anomalo, una surreale distorsione che solo una mente dedita all'anomalo come quella di Charlie Kaufman poteva elaborare. La mente è infatti, come nel suo stile, al centro del film, processore andato in tilt, in stato confusionale e in difetto rispetto al resto del mondo, ricettore dalle frequenze disturbate. Immaginate la ricerca di un'affinità elettiva, o ancora meglio di un amore, un uomo triste e solo che per uno strano difetto (fisico? psicologico?) sente le donne parlare con un tipo di voce a dir poco agghiaccian