I Love Books: 125. Via col vento


Dunque, da dove inizio?
Direi dal dato di fatto più rilevante a fine lettura e cioè che Via col vento è un meraviglioso-sontuoso-grandioso romanzo, è un mondo, una filosofia di vita, un'avventura a più livelli.
Il suo corpus è così vasto, corale, stratificato che non si sa da dove iniziare nel tesserne le lodi.

Partiamo dalla considerazione più pratica e cioè dal fatto che le 1104 pagine di un tomo la cui massa indolenzisce il polso sembrano spinte da un vento frenetico e leggero, scivolano fra le dita senza attrito o frenate soporifere.
Non perché siamo in presenza di un romanzo facile, "estivo", ma perché siamo in presenza di un romanzo incredibilmente vivo, attraversato da correnti emotive ed esperienziali ininterrotte che inglobano il lettore in un mare magnum impetuoso.
Non temetene la mole: è una giostra mastodontica, ma non si ferma mai.

In secondo luogo, scordatevi la pomposa retorica del "domani è un altro giorno", del "francamente me ne infischio", tutta quella melassa sinfonica legata al filmone di Victor Fleming (che a dire il vero NON HO MAI VISTO. Incredibile, inverosimile, ma vero) e alle sue simbologie sentimentali, tutte quelle frasi e scene passate alla storia, precedute da una fama forse un po' banalizzata, sicuramente stereotipata, la stessa fama che mi ha tenuto lontana da Margaret Mitchell per decenni.

Il romanzo è molto più autentico, un'esperienza intensissima, vasta quanto i campi di cotone della contea di Clayton in Georgia, un perfetto alternarsi di atmosfere sensoriali e di concretezza storica, di immersioni paesaggistiche e di tumulti prebellici/bellici/postbellici, di micro e macrostoria, di ampia analisi della civiltà americana e di prospettiva sudista, di sentimenti e di risentimenti, di ambizioni e di costrizioni, di dramma e di ironia...

Mi aspettavo un polpettone melò, una compostezza romantica con morale buonista, invece tutto il romanzo è attraversato da un'energia cinica e irriverente, la stessa che anima la protagonista Rosella O'Hara, antieroina, antiromanzesca, antipatica, per quel che mi riguarda un idolo, un tipo di donna letteraria tardo-ottocentesca che non ti aspetti, con difetti così enfatici, pecche morali così lucide che ne fanno qualcosa di spietato e di divertente insieme, una stronza da picchiare con un'etica opportunista che ti conquista.

Il cinismo di questa donna mi ha divertito oltremodo, la sua verve inesorabile, la sua rude onestà, il suo senso pratico ai limiti del disumano, caricano le pagine di personalità, di sincerità.
"Perché Dio ha inventato i bambini?" pensò ferocemente nel momento in cui si storceva una caviglia. "Una vera calamità: inutili, sempre fra i piedi, sempre a piagnucolare, sempre bisognosi di cure!".
Ditemi dove la trovate una giovane donna più dura e schietta di lei, così outsider nell'essere moglie, madre, figlia della sua epoca. Io la a-m-o!

Ma Rossella non è solo questo, solo occhi verdi da gatta, pelle di magnolia, capricci ed egoismo a profusione: è anche la struttura portante del romanzo e dei personaggi che lo abitano, è la forza motrice di tutta la grande carovana umana bianco-nera di Via col vento, forse è lei stessa quel vento, così poco docile e così forte.
Rossella è un'equilibrista del vivere, una che di fronte al terrore dell'incerto che la guerra ha seminato ovunque, reagisce praticamente, senza alcuna speculazione vittimistica, senza perdere la bussola dell'intraprendenza.

Lei che ama la sua Tara, con la sua lunga strada rossa che va dalla collina al fiume, i suoi campi con i verdi germogli di cotone, la sua aria e la sua luce, al punto da volerla ricostruire, reinventare.

Lei che si rimbocca le maniche, escogita, si dà al commercio in barba ai benpensanti tradizionalisti, all'immobilità di certi ruoli e di certe menti.
Tara era il suo destino, la sua lotta, e doveva vincere.
E poi c'è Rhett Butler, sprezzante antieroe, perfetta controparte maschile di Rossella, come lei tendente all'empietà, alla sfida sociale, all'interesse personale. Un impudente patentato che si ama e si odia con identico trasporto.
«Vi amo, Rossella, perché ci somigliamo tanto; rinnegati, tutti e due, e profondamente egoisti. A nessuno di noi due importa che il mondo vada in rovina, purché noi ci salviamo.»
Rhett il sardonico, che con le sue beffarde provocazioni fa la guerra all'ego di Rossella, lo solletica e lo demolisce senza soluzione di continuità, fino alla fine del romanzo e anche oltre.
No, cara, non vi amo, come voi non mi amate; e, se vi amassi, sareste l'ultima persona a cui lo direi. Dio salvi l'uomo che vi ama davvero. Perché voi spezzereste il suo cuore, tesoro, da quella gattina perversa e crudele che siete, così incurante e sicura che non si prende neanche il disturbo di nascondere i suoi artigli.
E intanto gli yankee fanno guerra civile agli schiavisti del Sud, una guerra il cui orrore non è mai sfondo nel romanzo, ma parte integrante e vivissima dell'esistenza di ogni personaggio, di chi combatte e muore, di chi combatte e torna, di chi aspetta, di chi scappa, di chi ha fame, di chi spera.

Quante vicende, quante situazioni, quanti ostacoli e sempre, in ogni avversità, quando la crisi vorrebbe dominare ogni cosa, c'è la supereroina antieroica Rossella O'Hara, coraggiosa, audace, ferina, che trascina, mette in salvo, escogita, con una straordinaria dose di egoismo altruista.
Sempre più stanca, sempre più forte.

Rossella, l'ossimoro vivente, dura e fragile, egocentrica e dedita a suo modo a chi le sta accanto, distruttrice e salvifica, il peso dell'oggi e la speranza del domani.

Duplice modo di essere, così come duplice è il punto di attrito di tutta la sua vita: da una parte Ashley Wilkes, tiepido, frenato, grande amore impossibile di sempre, dall'altra parte la moglie di lui, Melania, bonaria, buonista, buonissima creatura, che Rossella odia eppure protegge sempre, che ama inconsciamente pensando di detestarla immensamente.

Quanti sentimenti contrastanti, quante certezze ostinate e quanti ripensamenti fulminei su queste due persone: insieme a Rhett, sono loro le spinte costanti e contrastanti di Rossella e della sua rocambolesca vicenda.

E ovviamente la casa bianca di Tara, picco assoluto di geografia sentimentale, dove tutto inizia e dove tutto, in un modo o nell'altro, deve continuare. Perché (me la concederete un po' di retorica a fine post!):
Dopotutto, domani è un altro giorno.

Margaret Mitchell vinse con Via col vento il premio Pulitzer nel 1937

Commenti

  1. Ecco, io il film l'ho iniziato più volte e non lo ho mai finito. Mi addormentavo sempre ^^'
    Se dici così un giorno o l'altro dovrò dare una chance al libro.

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  2. Io adoro il film, ma non ho mai letto questo romanzo! Finisce dritto dritto nella lista sei libri da leggere ^^

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  3. Mi permetto di dissentire a proposito del film. Esattamente come il libro non ha nulla di romantico, sentimentale o stereotipato. Ritroverai nella pellicola la stessa grinta, lo stesso menefreghismo, lo stesso anticonformismo che ci sono nel libro, il tutto reso da attori di un calibro indescrivibile. Un film lungo, è vero, ma che non annoia neanche un istante!

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