I Love Books: 126. Lezioni americane


Farsi raccontare delle cose da Calvino è sempre un abbandonarsi all'incanto, anche se quello stesso Calvino che ci ha inventato città invisibili, antenati molto speciali e mille altre dimensioni cosmiche e comiche di struggente fantasia, sale in cattedra e si dà alla conferenza, almeno nelle intenzioni, se la vita non l'avesse abbandonato proprio in quel frangente.

Queste cinque lezioni (più una incompleta), che hanno l'estensione del micro, ma la portata del macro, che planano sui nodi focali della scrittura senza perdere d'occhio la prospettiva, l'aderenza alla propria epoca, sono tutte preziose e delicate, sono brevi eppure vaste, ricche di richiami, di spunti, di suggestioni tridimensionali.
"Sei proposte per il prossimo millennio", valide in qualsiasi millennio.
Un testo che si presta a sottolineature selvagge, all'accumulo di post-it e segnali vari sulla molteplicità di materiale offerto.
La ricchezza di questo esile libro è infinita, prolungata.

Ti ci vedi ad Harvard, un'Harvard idealizzata, a prendere appunti, in uno stato di ebbrezza dionisiaca di fronte alla vastità della cultura calviniana e alla sua commovente capacità di sintesi, di dire tutto nella forma del minimo e nella modalità più delicata che possa esserci.

Concentrate, ecco come sono le Lezioni americane. Focalizzate su alcuni aspetti determinanti della letteratura, cariche di richiami, ma mai evasivi.

Di seguito le mie impressioni, in forma ipersintetica e accompagnate da un'insolita timidezza, un intasamento espressivo dovuto a timore reverenziale.
Calvino mi pare sempre intoccabile, al di sopra del parere personale, raggiante in una dimensione di perfetta autoesegesi.
Pertanto userò spesso le sue parole, perché non potrei trovarne di migliori, perché lui me le toglie e me le offre.

1) Leggerezza

Essere piumati come gli uccelli, pensosi ma non appesantiti, nella scrittura, ma anche nella vita. Come Perseo, dotati di sandali alati, leggiadri, ma non per questo svuotati di peso e consistenza, non per questo vuoti.
Alleggerire il linguaggio, farlo rarefatto, senza peso. Narrare inserendo nell'analisi elementi sottili e impercettibili. Dar vita ad invenzioni letterarie che contengano un'immagine figurale di leggerezza.

Calvino cita Ovidio, Lucrezio, Boccaccio, Cavalcanti.

E soprattutto Leopardi, che "dà alla felicità irraggiungibile immagini di leggerezza: gli uccelli, una voce femminile che canta da una finestra, la trasparenza dell'aria, e soprattutto la luna".
Il miracolo di Leopardi è stato di togliere al linguaggio ogni peso fino a farlo assomigliare alla luce lunare.
La letteratura deve essere come quella luce lunare, lieve e potente, ma anche l'esistenza.
La ricerca della leggerezza una reazione al peso de vivere.

Melanconia e humour, insieme, in un perfetto connubio di pesantezza resa lieve, dotata di sandali alati.
Se volessi scegliere un simbolo augurale per l'affacciarsi del nuovo millennio, sceglierei questo: l'agile salto improvviso del poeta-filosofo che si solleva sulla pesantezza del mondo, dimostrando che la sua gravità contiene il segreto della leggerezza, mentre quella che molti credono essere la vitalità dei tempi, rumorosa. aggressiva, scalpitante e rombante, appartiene al regno della morte, come un cimitero d'automobili arrugginite.

2) Rapidità

Movimento senza sosta, ma anche economia narrativa ed espressiva, essenzialità, catturare il tempo e renderlo relativo, far sì che il ritmo sia come un cavallo, ora al trotto ora al galoppo.

"Il discorrere è come il correre" diceva Galileo, ma ciò non vuol dire dimenticarsi l'indugio, la digressione, la sapiente arte del festina lente.
Nella vita pratica il tempo è una ricchezza di cui siamo avari; in letteratura, il tempo è una ricchezza di cui disporre con agio e distacco: non si tratta di arrivare prima a un traguardo stabilito; al contrario l'economia di tempo è una buona cosa perché più tempo risparmiamo, più tempo potremo perdere.
Lo scrittore deve lavorare con il tempo di Mercurio e con il tempo di Vulcano, essere alato e dinamico, aereo, ma anche meticoloso, sempre pronto a cesellare, a lavorare con il martello in una fucina di concentrazione costruttiva e di attenzione al dettaglio.

3) Esattezza

Questo è un termine che personalmente mi mette sempre in soggezione, troppo definitivo e imperante per me, spietato se vogliamo, ma in letteratura è fondamentale e richiede una capacità di equilibrio fra spinte opposte davvero notevole.

Per Calvino esattezza vuole dire una precisione del disegno dell'opera, l'evocazione di immagini icastiche, che sappiano essere memorabili e l'uso di un linguaggio preciso, privo di approssimazione, di casualità.
Ancora una volta il modello è Leopardi, che nel suo Zibaldone analizza la precisa portata evocativa di una parola, riesce ad essere sublime poeta del vago solo grazie ad una precisione analitica, ad un accurato vaglio delle parole da usare, parole sensibili, sensoriali, vibranti

L'indeterminatezza delle sensazioni e l'esattezza della loro costruzione poetica, il naufragar dolce che passa per l'osservazione razionale, per una misura ben precisa.

Calvino sceglie le suggestive immagini del cristallo e della fiamma, l'uno dalla struttura scientificamente esatta, l'altra multiforme e agitata, entrambe necessarie.
Io mi sono sempre considerato un partigiano dei cristalli, ma la pagina che ho citato m'insegna a non dimenticare il valore che ha la fiamma come modo d'essere, come forma di esistenza. Così vorrei che quanti si considerano seguaci della fiamma non perdessero di vista la calma e ardua lezione dei cristalli.
Le pagine che scriviamo o leggiamo dovrebbero essere precise come la geometrica sfaccettatura del cristallo, ma anche vivide e calde come l'imprevedibile fiamma.

4) Visibilità
C'è un verso di Dante nel Purgatorio (XVII, 25) che dice: «Poi piovve dentro a l'alta fantasia».La mia conferenza di stasera partirà da questa constatazione: la fantasia è un posto dove ci piove dentro.
L'importanza dell'immaginazione visiva, del "piovere" delle immagini dentro la fantasia di chi scrive.
Ci deve essere un'immagine che ci piomba in testa come la pioggia dantesca, una visione da cui partire, da cui concepire uno sviluppo narrativo, una visione da mettere in connessione con l'espressione verbale.
Lo spiritus phantasticus è un bacino di potenzialità letterarie da cui attingere a piene mani.

Calvino si chiede se nel Duemila, era di immagini prefabbricate, sia ancora possibile l'esercizio della fantasia e dice che se la fantasia è in crisi possiamo riciclarla postmodernamente, o ripartire da zero, reiventarla.
Di certo, per affabulare, per trasmettere incanto, per far sì che l'immaginario interiore o esteriore si faccia narrazione, bisogna farsi inzuppare da quella pioggia fantastica.

5) Molteplicità

Che vuol dire anche complessità, miriade di fili che si intersecano, rete di relazioni, enciclopedismo, come la scrittura di Carlo Emilio Gadda per esempio.
Per Calvino Gadda è perfetta espressione del romanzo moderno, della sua necessaria molteplicità prospettica e stilistica, della sua polifonia, della sua forza centrifuga.
Un "iper-romanzo" insomma, una grande rete di potenzialità.
Qualcuno potrà obiettare che più l'opera tende alla moltiplicazione dei possibili più s'allontana da quell'unicum che è il self di chi scrive, la sincerità interiore, la scoperta della propria verità. Al contrario, rispondo, chi siamo noi, chi è ciascuno di noi se non una combinatoria d'esperienze, d'informazioni, di letture, d'immaginazioni? Ogni vita è un'enciclopedia, una biblioteca, un inventario d'oggetti, un campionario di stili, dove tutto può essere continuamente rimescolato e riordinato in tutti i modi possibili.

Consistency sarebbe stata la sesta lezione, ma è rimasta allo stato di appunti. Riguardava l'inizio e la fine di un lavoro di scrittura, il passaggio dall'universale al particolare, quando l'opera si presenta e ci congeda dal mondo.

Cosa mi è rimasto alla fine di questa lettura che ho insolitamente svolto in spiaggia, sotto un'ombrellone, sfidando la potente calura siciliana, in una manciata di ore?

Queste cose preziose:

- La modernità delle lezioni, ancora brillantissime dopo 30 anni, per certi versi profetiche rispetto alla nostra epoca.

- La loro applicabilità alla vita oltre che alla letteratura. La lezione della leggerezza, per esempio, vorrei farla mia alla lettera, vorrei applicarla alla mia quotidiana razione di pesantezza ed essere Perseo più spesso.

- L'ammirazione per una cultura vasta e aerea, capace di citare, planare, rivolare, legare insieme gli infiniti spunti senza sbavature. Dio mio Italo, quanto hai letto e studiato?

- L'amore per la capacità di Calvino di non essere accademico e seriosamente impostato, per l'aver concepito queste lezioni con piglio coerente alla sua cifra stilistica, con leggiadria anche quando la posta in gioco è alta, anche quando il terreno si fa filosofico, scientifico, antropologico, anche quando il suo scibile enorme fa quasi paura.
C'è sempre altruismo in queste lezioni, la bontà di darsi al lettore/ascoltatore.

- La sensazione che una lettura sola non basti a farmi afferrare la portata di quest'opera. Occorre rileggere, soffermarsi, studiare. Le Lezioni americane sono un discorso sempre aperto, una possibilità continua di consultazione.

- Leggere è una delle attività più belle al mondo.

- Scrivere è una delle cose più difficili al mondo.

Essere leggeri, rapidi, esatti, visibili, molteplici: chi riesce in questa impresa a cinque fatiche è un eroe, un Dio.
Quando penso alla scrittura di Calvino, di qualsiasi tipo, in qualsiasi sua opera, mi si affaccia sempre alla mente l'idea di divinità.
Una lezione, questa, che non si può imparare.

Commenti

  1. Che te lo dico a fà? :) Il Calvino saggista è il mio preferito e le Lezioni sono un'eredità che le generazioni (di lettori e di esseri umani) dovrebbero tenere in grande considerazione.

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    1. Mi trovi completamente d'accordo Maria. Calvino patrimonio dell'umanità!

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