I Love Books: 143. Moby Dick


C'è sempre un grande classico non ancora letto nonostante i primi capelli bianchi e l'amore millenario per i libri. Un classico che improvvisamente si decide di leggere nel 2017, presi per mano dal tempo dilatato dell'estate e da un gruppo di lettura online (gli amabili Scratchreaders dell'amato Scratchbook) per sentirsi meno terrorizzati da certi abissi oceanico-letterari.

Così in questo inizio estate, per la prima volta a 33 anni, ho letto Moby Dick, grande Leviatano letterario che ho evitato per decenni e per errore, perché convinta fosse un'avventura di pirati e di ittica megalomane, un testo per ragazzini che aspirano a diventare capitani coraggiosi e vanno matti per i documentari sulle balene e i pesci martello. Ci vedevo dentro uno speciale di Superquark con ricostruzione 3D della balena e ci vedevo tanta noia. "Ma scherzi? Non fa per me!" e affini.
Nelle esortazioni di chi me lo consigliava vedevo promesse da marinaio.

A me di balene non frega granché, e nemmeno di cetologia e di altra fauna marittima. Ho sempre preferito le letture di terraferma e gli intrighi domestici. Per questo e altri motivi non ho mai voluto leggere Moby Dick e per lo stesso motivo avrebbe dovuto farmi arrendere dopo poche pagine.

E invece no. Tutt'altro.

Certe volte le ostinazioni ci privano del bello. Sfidarle è necessario, anche in letteratura.

Perché Moby Dick non è la storia di un'equipaggio di umanità assortita che salpa da Nantucket, Massachusetts, per dare la caccia ad una bianchissima e stronzissima balena che un vecchio capitano vuole far fuori ad ogni costo; non è solo questo almeno.

C'è la parte marinaresca, la descrizione di strumenti, elementi, usi, costumi e nomenclature varie; c'è la letteratura d'avventura con i vecchi lupi di mare al timone e i rituali d'assalto baleniero; c'è la terminologia della navigazione e quella della cetologia; c'è la storia scientifica della balena e delle sue tipologie, ma, e sottolineo con enfasi super avversativa ma, c'è un sostrato filosofico e teologico che riempie ogni fibra pensante del vostro essere, ogni domanda senza risposta della vostra esistenza.

Se tu interroghi Moby Dick e lo leggi trasversalmente ci trovi delle verità e delle considerazioni sull'uomo e sui suoi dèmoni, che ti lasciano in apnea per lungimiranza e bellezza.
Il giro del mondo! C'è molto in queste parole che ispira sentimenti d'orgoglio; ma dove conduce tutta questa circumnavigazione? Soltanto, attraverso innumerevoli pericoli, a quello stesso punto donde si è partiti, dove quelli che abbiamo lasciato indietro al sicuro sono stati avanti noi tutto il tempo.
La cosa che più di tutte offre Moby Dick è la saggezza. Ondate continue di saggezza universale che ti fanno vedere te stesso e la vita meglio che dallo psicoanalista.

È un libro carico di sapere sull'uomo. Tutti quei richiami biblici e filosofici, quelle esperienze estreme che denudano l'essere, quelle metafore sul cercare e sull'affrontare cose smisurate, non sono altro che saggezza e se mentre leggi ti metti in ascolto, ne esci più maturo e anche più sereno.

Ognuno di noi ha una grande balena dalla bianchezza inquietante che di volta in volta gli pesa sullo stomaco, gli comprime il respiro, gli fa avere i miraggi, gli fa tirare fuori i denti o lo fa retrocedere tremante.
Può essere una paura o un'ambizione, può essere qualsiasi cosa, ma i moti dell'animo sono uguali per tutti gli esseri umani.
Che cos'è questo gran globo stesso altro che un Pesce Libero? E tu, lettore, che altro sei se non un Pesce Libero e un Pesce Legato insieme?
Quindi ci si sente anche meno soli leggendo Moby Dick: tra un giorno di navigazione e l'altro, tra una balena fatta a pezzi e una da catturare, scorre la vita di tutti, una vita simile alla nostra, ora in bonaccia, ora in tuono e fulmine, ora col vento in poppa ora statica, alti e bassi di ogni viaggio.

C'è poi un'aria di poesia che fa respirare tutta l'opera e gonfia le sue vele di magia verbale, di grazia del narrare.
Non la solita retorica romantica sul mare e le sensazioni che dà all'uomo piccino e indifeso al suo cospetto. Figuriamoci, Melville è tutto fuorché scontato.
Qualcosa di diverso, che spezza i tecnicismi del balenese e le estensioni minuziose sulla navigazione e la caccia in mare; una solennità del dire che nobilita l'insieme e libera il lettore dal peso di termini e situazioni ruvide e salmastre che non lo riguardano affatto.

Così ci si ritrova dentro il Pequod, insieme alla ciurma, a sporcarsi le mani, a indurirsi la pelle, ma con la possibilità di fare pause di pensieri elaborati e di introspezioni piene di grazia e intelletto.
Nessuna pietà, nessun potere, tranne il suo, lo governano. Sussultando e sbruffando come un destriero da battaglia impazzito, che abbia perduto il suo padrone, l'oceano senza legge scorre il globo.
Moby Dick è così, è un libro prosaico e poetico, è fatto di lordura marinaresca e di eleganza filosofica, di materiali coriacei e di strumenti intellettuali raffinati.
Ci trovi capitoli dedicati a cose immonde come la decapitazione di una balena o l'estrazione e la raffinazione del suo grasso corporeo per poi passare allo stivaggio, ci trovi piccoli manuali di guida all'uso della lenza e dei ramponi, e ci trovi anche meditazioni che ti avvolgono di bellezza.
Siediti come un sultano tra le lune di Saturno e prendi l'uomo solo, molto in astratto: ti sembrerà un prodigio, una grandezza e un dolore. Ma dallo stesso pulpito prendi l'umanità in massa e, nella maggior parte, ti sembrerà un'accozzaglia di duplicati superflui, sia contemporanei che ereditari.
In questo vascello periglioso di ferocia venatoria e di solennità teologica non possono che trovarsi figure dai tratti mitologici, personaggi dal fascino esotico ed esoterico, uomini che sembrano creature fiabesche.
Achab, che governa la nave governato da una fissazione cruciale, è il più mitologico di tutti
Tutto ciò che più sconvolge e tormenta la ragione, tutto ciò che rimescola la feccia delle cose, ogni verità che contiene malizia, ogni cosa che schianta i tendini e rapprende il cervello, tutto il sottile demonismo della vita e del pensiero, ogni male, per l'insensato Achab era visibilmente personificato e fatto praticamente raggiungibile in Moby Dick. Egli accumulava sulla gobba bianca della balena la somma di tutta l'ira e di tutto l'odio provati dall'intera sua razza dal tempo di Adamo, e poi, come se il suo petto fosse un mortaio, le sparava addosso la bomba del suo cuore bruciante.
La forza delle sue percezioni, delle sue previsioni, delle sue ostinazioni è atavica. Trema il libro quando parla lui.

Tirando le somme, cos'è questo multiforme romanzo oceanico chiamato Moby Dick? Un capolavoro.
Poi è anche un trattato cetologico, un racconto d'avventura e di sfida alla natura, un poema epico di imprese, duelli e ire funeste, un'ode sacra e biblica con costanti riferimenti a Dio e al sovrannaturale, un trionfo di varietà, di idee, di pensieri altissimi.
È Melville con tutta la sua cultura che ricama e impreziosisce l'opera, aprendola a varie possibilità, ad un sapere multiplo che non fa stagnare mai il racconto.

La sua prosa è ricca come i fondali oceanici. Le parole che usa sono ornamenti e festoni di bellezza dentro la rozzezza marinara. I suoi commenti sono una gioia per chi cerca solennità in ciò che legge.
(La traduzione di Cesare Pavese è un valore aggiunto all'opera, un'altra ricompensa per il lettore).

Anche le parti più tecniche le affronterete con inspiegabile interesse presi per mano da una magia narrativa complessiva e duratura. Ve lo assicuro.

Vorrei scrivere ancora e ancora su Moby Dick, sostare in ognuno dei suoi strati (ce ne sono tanti) e approfondirli con parole di analisi e di entusiasmo, ma inseguirei un progetto leviatanico e farei la fine di Achab.
E poi, invece di leggere me, datemi retta, leggete Moby Dick, esplorate la parte acquea del mondo, urlate a squarciagola:
Laggiù soffia! laggiù soffia! La gobba come un mucchio di neve! È Moby Dick!
E fatevi del bene letterario.

Commenti

  1. Non ho ancora letto Moby Dick né altro di Melville... lo temo un po' ma non l'ho evitato di proposito. Come dici tu, i classici son davvero tanti e semplicemente non è ancora arrivato il suo momento. So che prima o poi arriverà. Intanto la tua recensione è così poetica e sentita, si percepisce quanto ti sia piaciuto ed anche quanto tu l'abbia compreso. A volte, da certe recensioni che mi capita di leggere, ho l'impressione che il lettore sia solo scivolato sulla superficie del libro di cui parla, senza andarci più a fondo e quando si tratta di un'opera particolarmente bella o complessa mi pare di assistere ad un'occasione sprecata. Ecco, quando leggo un tuo post quest'impressione non ce l'ho proprio mai e mi piace come scrivi perché trasmetti proprio l'emozione e l'amore per i libri :)

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    1. Grazie Julia, che gentile! Sono felice che ti arrivi il mio amore per i libri e che ti sia arrivato anche per Moby Dick, un classico che ho evitato per decenni e che adesso consiglierò a tutti di leggere :D

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  2. Temo che avrò il coraggio di leggere Moby Dick quando inizierò anche la Recherche... Ossia tra molto, molto tempo.
    Comunque, suppongo di aver capito che ti sia piaciuta la traduzione di Pavese, molti dicono che andrebbe svecchiata. Da amante di Pavese quale sono per me può solo rappresentare uno stimolo in più.

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    1. La Recherche è fuori dalla mia portata, non so se mi sentirò mai sofisticata abbastanza per affrontarla! Moby Dick è complesso, ma più democratico ;) Puoi leggerlo anche subito.
      Sì, a me la traduzione di Pavese è piaciuta molto; effettivamente c'è chi la trova un po' datata, ma per me l'italiano colto un po' di maniera non è affatto fuori luogo, specialmente in un'opera di questo tipo.

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  3. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  4. Riuscirò a leggerlo, entro l'anno o al massimo nel prossimo, mi sento un pò come una mosca bianca, io, amante dei classici e super lettrice, questo èa ncora da leggere....

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    1. Ciao Giuliana,
      anch'io ci sono arrivata tardi (che poi il concetto di "tardi" in letteratura non ha nemmeno tanto senso, mi piace pensare che la lettura non abbia tempistiche). È uno di quei grandi classici preceduti dalla loro fama che si teme proprio per il nome che porta (per me Guerra e pace è uno di questi e ne rimando sempre la lettura).
      Leggilo appena ti senti pronta, non ti deluderà ;)

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