I Love Books: 69. La famiglia Karnowski



Ho appena finito di leggere una perla di romanzo, un felice caso di serendipità, un acquisto fatto a scatola chiusa sulla semplice base dell'attrazione per il titolo e per la copertina e della fiducia/venerazione che ho per Adelphi, la Casa Editrice in cui vorrei vivere, di cui vorrei possedere e leggere tutto.
Dopo una serie di libri iniziati e subito accantonati per incapacità di aggancio, con La famiglia Karnowski è stato amore alla prima riga.

Ho sempre amato i romanzi sulle famiglie, credo abbiano la narrazione insita in automatico nella loro natura; in ogni famiglia c'è un racconto, una saga, una storia scandita dalla Storia, dal tempo, dalle circostanze epocali e personali, ed è sempre affascinante farsi raccontare micro e macrovicende famigliari come fossero favole vintage.

La famiglia Karnowski è un grande affresco dal carattere squisitamente romanzesco e richiama subito la sublime classicità della grande letteratura; leggerlo è stato un'immersione salvifica in un periodo nero in cui ho bisogno di distrazioni, di romanzi fortemente umani, di vite degli altri per non pensare troppo alla mia.

Seguire le alterne vicende di questa famiglia di ebrei polacchi emigrati in Germania e stanziatisi a Berlino, e successivamente a New York, è stata un'esperienza di narrazione perfetta, incantevole, avvolgente. Solo i grandi classici contengono dentro l'umano e tutta la vasta gamma di sentimenti che lo riguardano, la vita e le sue molteplici incisioni, e La famiglia Karnowski da questo punto di vista è un grande classico, di quelli a cui batte il cuore fra le pagine di carta.

Ho trovato molto bella e armonica la struttura tripartita in cui ogni parte corrisponde ad un membro e ad una fase della storia della famiglia Karnowski: si inizia con David, il padre e capostipite della saga, si prosegue con Georg il figlio, e si conclude con Jegor, il nipote.
Tre Karnowski inseriti in contesti storico-politici diversi, con indoli diverse e con modi diversi di intendere e vivere la vita e il loro ebraismo.

L'essere ebrei è la grande tematica-problematica del romanzo, quell'eterno dissidio tra la fierezza dell'appartenenza e il fastidio per l'etichettatura, tra l'elemento sacro e religioso e quello socio-culturale dell'ebraismo.
Se con David l'ebraismo è elemento di distinzione in chiave colta ed elegante, diventa più all'insegna dell'indipendenza laica e dell'irriverenza con Georg e sfocia in drammatico rifiuto e puro disgusto di sé con Jegor.
Non c'è un solo momento in cui l'ebraismo non si intrecci e si fondi con le scelte di vita dei protagonisti; la sua influenza è totale.

Il topos degli ebrei come i grandi perseguitati è più forte e chiaro che mai in questo romanzo e non riguarda solo l'arcinoto periodo della persecuzione nazista, ma anche anni lontani e tempi non sospetti, come una sorta di condanna atavica, di maledizione eterna.
I. J. Singer insiste molto anche sulla fisicità dell'ebreo-tipo, parla sempre di capelli nero corvino, di pelli scure e di nasi pronunciati e questo aspetto mi ha colpito molto, perché si avverte l'ossessione per la tara genetica, per l'ebraismo non solo come grande e irrisolta questione storica, ma come mero fatto di carne e sangue, di dna. Mi ha fatto pensare in qualche modo a Philip Roth, alla sua ossessione per la questione ebraica, all'eleganza e alla rabbia dei suoi problematici personaggi ebrei.

Non conoscevo I. J. Singer, ma ora so che un grande romanziere dalla maestosità classica si può trovare a sorpresa e che un romanzo comprato in uno stato di semi-indifferenza, può diventare uno dei tuoi preferiti di sempre.

Commenti

  1. Ho acquistato anche io questo romanzo, ma attendo di finire un volumone da mille pagine prima di iniziarlo. Comunque... ne ha parlato così bene che non sto più nella pelle... Lo amo già, e leggerlo sarà avvincente!! Non vedo l'ora, grazie :) :) :)

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    1. Ma figurati Canos! Spero ti piaccia e ti tenga compagnia come ha fatto con me :D

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  2. Appena ho capito l'argomento del libro ho pensato subito a Roth, che sincrone siamo!
    Sono curiosissima di leggerlo ora, da grande amante delle saghe familiari quale sono!

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    1. :D :D
      Se ami le saghe di famiglia allora lo amerai di certo!

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  3. Naturalmente dopo aver letto il tuo commento mi son precipitata qui. Ma che bel libro, vero? Il mio solito amico librovoro sostiene che gli altri titoli di entrambi i Singer non siano all’altezza de La famiglia Karnowski. Ci può stare: non sono tanti gli autori in grado di scrivere più capolavori nell’arco della stesa vita.

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