Serie tv Netflix: 3. Lemony Snicket - Una serie di sfortunati eventi


Una serie tv la cui sigla d'apertura recita "Non guardare, non guardare...Ogni singolo episodio provoca sgomento..." (Look Away nella versione in lingua originale), non poteva che avere la genialità in corpo.

Una serie di sfortunati eventi è una serie tv geniale e autocratica, regolata da unità di misura tutte sue, animata dallo stile prima di tutto.

Ci sono i tre orfani Baudelaire e c'è la loro nemesi trasformista, il Conte Olaf, spregevole essere che mira creativamente alla cospicua eredità dei fratelli.



La ripetizione, lo stilema, lo schema sono caratteristiche proprie della serie e non debolezze come alcuni spettatori hanno pensato: succedono sempre le stesse cose, il Conte si traveste da qualcuno e i tre cercano di smascherarlo, ma è in questa caratteristica che risiede l'originalità, la dichiarazione di stravaganza.
Essere sopra le righe può voler dire anche riproporre quelle righe svariate volte e farlo sempre con il senso dell'umorismo.
Una serie di sfortunati eventi, ovvero: essere una serie tv e giocare spudoratamente con la serialità (i riferimenti espliciti non mancano!).

Gli sfortunati eventi che vivono i Baudelaire sono in serie e seguono sempre le stesse grottesche dinamiche e per questa bizzarra forma di narrazione io ho perso la testa, perché è una deliberata scelta di nonsense, perché mi ha fatto pensare più ad una pièce teatrale che ad una serie tv classica.

È vero che si respira aria di Wes Anderson e di Tim Burton nei colori ora pastello ora goticheggianti, nelle atmosfere stravaganti e vittoriane, ma Una serie di sfortunati eventi ha anche qualcosa di unicamente suo.

È una serie in qualche modo colta, ricca di sapere e di ironia sul sapere, apparentemente per ragazzi, ma a ben vedere carica di un cinismo e di un sarcasmo che strizzano l'occhio all'adulto.
Giochi di parole, citazioni, spiegazioni enfatiche, doppi sensi, battute sofisticate e altre cose assai originali.
La figura del narratore Lemony Snicket (Patrick Warburton) è parte integrante di questo stravagante procedimento.

E poi c'è lui, Neil Patrick Harris, che ci aveva già intrattenuto epicamente in How I Met Your Mother, e che si conferma performer ad ampio spettro, un camaleonte, un caratterista.
Ogni sua identità nella serie è uno show di fattezze, movenze e parlate strambe, una serie di esilaranti travestimenti.

Jim Carrey nel film era già bravissimo, ma Neil è un fenomeno, un'apoteosi di perfidia teatrale.
Io ho riso ad ogni sua apparizione, sono stata al gioco e mi sono beata di cotanta idiozia.


La parte cattiva di questa serie, pur perdendo ripetutamente (e senza accenni di resa), è quella vincente perché i Baudelaire, Violet e Klaus, secchioncelli, preparatissimi, superdotati e la piccola mordace (letteralmente) Sunny, esaltano lo spettatore molto meno rispetto all'orrendo, osceno, malvagissimo nemico.
Fanno tenerezza questi disgraziati ereditieri dal q.i. altissimo, ma la serie non vuole suscitare tenerezza, bensì un ghigno malefico, ghigni malefici in serie.


Consiglio Una serie di sfortunati eventi a chi sa bene che Netflix vuol dire serialità diversa dal solito e a tratti stramboide, a chi è disposto a giocare e a rispondere alle strizzatine d'occhio che la serie invia più e più volte, a chi ama i due registi citati sopra e in generale è alla ricerca di qualcosa di stiloso e bizzarro da vedere, a chi ha letto i libri di Lemony Snicket e/o ha amato il film del 2004, agli ironici e ai cinici, ai nostalgici di Barney di HIMYM.

Per tutti gli altri vale il monito della sigla: Non guardare.

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