I Love Books: 139. Mobili di famiglia


Con Alice Munro ho instaurato un rapporto in crescendo: siamo partite male con In fuga, ci siamo messe d'accordo con Chi ti credi di essere?, ci siamo perfino amate con Mobili di famiglia.
24 racconti dal 1995 al 2014, quasi 800 pagine, summa fatta di selezione accurata, di evoluzione stilistica e fermezza di contenuti.

Quando dico che ci siamo amate non intendo che è esplosa una passione incontenibile per il suo stile abbastanza frenato e distante dal pathos, la sua temperatura narrativa tiepida, il suo astenersi dal giudizio, il suo Canada desolante, ma che ho finalmente imparato a leggere me stessa attraverso di lei, ad ascoltarmi mentre lei mi racconta di vite che non sono la mia.

Alice Munro non si legge per farsi intrattenere, c'è sempre una nuvola di tristezza, di disagio, a incombere sulle atmosfere, ci sono esistenze minimali avvezze al peggio, casi umani inclini più al fallimento che al successo. Corpi e malattie analizzati da vicino, vecchiaia e morte onnipresenti.
Però ci sono anche donne che cercano di forgiarsi come altro rispetto alla norma della loro origine, che saltano o tentano di saltare il confine socio-economico in cui sono costrette, rivendicando senza furore il loro diritto alla personalità, alla realizzazione della loro persona.
Contro e nonostante genitori, mariti, figli. E questa è una cosa che dà conforto.

Ecco perché ogni donna dovrebbe leggere la Munro e leggersi attraverso la Munro.
La Munro è forse la scrittrice più spontaneamente femminista in circolazione.
Il suo non è un femminismo programmatico e rivendicato, ma un femminismo intrinseco, di portata quotidiana.

Le sue donne, quasi sempre irrisolte e scisse tra le spinte del dovere e quelle del volere, ci assomigliano perché non hanno mai idilli per le mani eppure non si annichiliscono, si auto-(ri)generano lontano da dove avrebbero sprecato se stesse. Senza eccessi, senza richieste plateali, senza ideologie. Lo fanno e basta.

Studiano, scrivono, tradiscono, trascurano la famiglia, si concedono il sesso, sognano, eppure non perdono mai il senso della loro origine, non si fanno mai presuntuose e metropolitane, ostinate e schierate. Scelgono senza strafare.
Le grida della folla mi arrivavano come un violento battito cardiaco, pieno di sofferenza. Solenni, splendide onde sonore con il loro remoto consenso e il loro lamento quasi sovrumano.
Era questo che volevo, questo su cui pensavo di dovermi concentrare; così volevo la vita.
(cit. da Mobili di famiglia)
E tutto questo carico narrativo di vita è accompagnato da delizie descrittive da appuntarsi su carta:
L'azzurro era chiaro, assolutamente compatto, un celeste reso più luminoso dal bruno-dorato che lo bordava, come capita ai cieli estivi, illuminati da meringhe di nuvole. (cit. da Lavorare per vivere)
E il giorno impiega così tanto tempo a finire. Così tanto, le lunghe dita di luce e le ombre sottili a cedere al buio, e il caldo monumentale a fremere un poco aprendosi in dolci brecce di frescura. Poi tutto a un tratto, le stelle escono a grappoli e gli alberi spalancano come nubi le chiome, scrollando a terra la pace. (cit. da Il sogno di mia madre)
Sembra di respirare l'aria di questi paeselli sperduti del Canada, di queste storie per nulla sontuose eppure coinvolgenti.

Succede questo nei ventiquattro racconti di Mobili di famiglia.
Per ventiquattro volte ci si imbatte nella vita più antiromanzesca che si possa immaginare, nella verosimiglianza di stanchezze femminili che decidono di riposarsi, di congedarsi dallo statuto asfittico che le attende.
Non sempre va bene, non dà speranze la Munro e nemmeno smentite, spesso non sappiamo come va a finire, ma assistiamo a dei tentativi universali, a delle spinte di pura vita che ci sono familiari.
Di certe cose diciamo che non si possono perdonare, o che non ce le perdoneremo mai. E invece poi lo facciamo, lo facciamo di continuo. (cit. da Uscirne vivi)
P.S.: Il mio preferito della raccolta è Troppa felicità, un racconto che sa di letteratura russa e di figure dostoevskijane, di slanci rivoluzionari e di passioni dell'anima.
È la storia vera di Sof'ja Kovalevskaja, la prima donna russa matematico e fisico (nonché scrittrice di romanzi), della sua esistenza movimentata e straordinaria, dei suoi amori, dei suoi ultimi giorni.
A Parigi, aveva dichiarato, cose come noia, snobismo e disonestà non esistono. (cit. da Troppa felicità)

Commenti

  1. Sono tutti belli questi racconti.

    Trovo interessante la tua analisi del suo universo femminile, che io ho dato per scontato (ahi!).
    Ho recentemente fino l'ultimo, Una cosa che volevo dirti da un po', non mi è piaciuto moltissimo, manca di intensità a mio avviso; tranne Perdono in famiglia che mi pare abbia lo stesso spessore di quelli contenuti qui.

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    Risposte
    1. Già, su 24 ne ho amati senza problemi almeno 20.
      Una cosa che volevo dirti da un po' volevo prenderlo anch'io, ma dopo la summa quasi perfetta di Mobili famiglia e la rinascita della mia stima per la Munro, non voglio ricadere nell'incompatibilità. Ne farò a meno ;)

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