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Visualizzazione dei post da settembre, 2012

The Iron Lady

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Finalmente sono riuscita a recuperare The Iron Lady (di Phyllida Lloyd , 2011) e a godermi una classica merylstreeppata da Oscar! Il film è un ritratto della Thatcher molto intimista e domestico e molto poco concentrato sulla Storia e sull'ufficialità. Quella che emerge in modo delicato e toccante è la Maggie vecchia, malandata, disordinata e tormentata dal ricordo allucinatorio del marito, e non l'ex Primo Ministro inglese impeccabile e distinto che ha governato il suo Paese per 11 anni. E' una Lady di ferro arrugginito e logoro quella che la regista ci mostra ed è attraverso i flashback improvvisi e rapidi di questa vecchietta tremolante che ripercorriamo il passato e la carriera politica della ferrea "diva". Ho trovato questo modo di procedere interessante: mi aspettavo un imponente film biografico su una donna cazzuta e sul Thatcherismo e invece mi sono trovata davanti un docile e umanissimo amarcord senile, ma anche la storia di una donna che dove

Travolti dalla cicogna

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Altro film francese, stessa attrice francese: Louise Bourgoin è stata una rivelazione casuale per me e devo dire che mi piace molto, è bella e brava e riesce a dare ai film in cui recita un tocco fresco e scanzonato. In Travolti dalla cicogna ( Un heureux évenement , di Rèmi Bezancon , 2011) Louise interpreta Barbara , una studentessa di filosofia che noleggiando film si innamora perdutamente di Nicolas ( Pio Marmai ), un ragazzo appassionato di cinema che lavora in una videoteca. Fra i due nasce un amore appassionato e spensierato, finchè di comune e romantico accordo non decidono di fare un figlio. Viene così al mondo la piccola Léa e con il suo arrivo nulla sarà più come prima. Il film (tratto dal romanzo Lieto Evento di Eliette Abécassis ) in sé è uno stereotipo, un insieme di tappe e situazioni standard legate alla gravidanza, alla maternità e alla genitorialità, dal vomito al corpo che si deforma, dal pianto notturno che impedisce di dormire alla fine della libido dei

L'amore dura tre anni

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Vive la France, vive la revolution! Ovvero, la capacità genetica dei francesi di fare film sui generis e bellissimi sull'amore. L'amore dura tre anni ( L'amour dure trois ans , di Frédéric Beigbeder , 2011) è il tipo di film che in Italia sarebbe stato qualcosa come Manuale d'amore , il genere di commedia popolare alla Carlo Verdone / Sandro Veronesi suddivisa in capitoli e dalla grana grossolana e spicciola, piuttosto banale e tradizionale. Ora, non voglio fare la solita critica alla mediocrità del cinema italiano, ma un film come questo ti fa necessariamente pensare che noi italiani siamo un popolo di sempliciotti un po' grezzi e terra terra. Sì, perché L'amore dura tre anni ha uno stile visivo e narrativo, delle trovate, un modo di incantare, di raccontare, che ho trovato originali, geniali, divertenti, e lontani anni luce dalla maniera filmica comico-romantica bonacciona e caruccetta della nostra penisola. E' un film che parla di amore

Valentino: L'ultimo imperatore

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Se vi dico Giancarlo Giammetti , sapete dirmi di chi sto parlando? Vi dice niente questo nome? Probabilmente no, non ne sapevo nulla nemmeno io prima di vedere Valentino: L'ultimo imperatore (di Matt Tyrnauer , 2008). Tramite questo sontuoso e patinato documentario di qualche anno fa, si scopre che a fianco dello stilista più acclamato di tutti i tempi c'è sempre stato, nascosto nell'ombra, un uomo fondamentale, un collaboratore, un partner artistico e di vita, un gestore degli aspetti pratici e finanziari ma anche del carattere vanesio e sofisticato di Valentino , Giancarlo Giammetti appunto. Sembra quasi voler celebrare più questa figura nascosta che l'icona imperiale di Valentino , il documentario dello statunitense giornalista di Vanity Fair Matt Tyrnauer , che per almeno due anni ha spiato e ripreso la dolce vita del celebre stilista e della sua maison di moda. Certo la figura di Valentino è centrale e imponente nel documentario e non potrebbe essere

L'arte di (non) cavarsela

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A dispetto del titolo, L'arte di cavarsela ( The Art of Getting By , di Gavin Wiesen , 2011) non se la cava bene e non ha nè arte nè parte. Ha di certo una bella confezione, trasuda Sundance style e indie pendenza ad ogni fotogramma, ha un attore protagonista, Freddie Highmore (il piccolino di Neverland , La fabbrica di cioccolato , ormai diventato ventenne), bravo ed espressivo, ma ha una trama povera e banale, una piattezza emotiva sconcertante e la capacità di trasporto di una lumaca. Non dico che non si riesce a vedere, perché si può vedere fino in fondo senza troppa agonia, ma lo si vede senza passione, senza un solo accenno di mutamento di ritmo o emozione, come fosse un'ora e venti di nulla. C'è questo ragazzino, George , giunto all'ultimo anno di liceo e alle soglie del college, apatico, solitario e totalmente disinteressato alla scuola, e c'è una ragazzina molto carina, Sally ( Emma Roberts , la pooooco raccomandata figlia di Eric e nipote di

Crazy, Stupid, Love (ovvero Ryan Gosling non esiste)

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Ryan Gosling non esiste, è un ologramma, un cartonato, un'illusione ottica, non può avere quel corpo. Ryan Gosling è bono, scusate la franchezza teenageriale. E l'ho scoperto per la prima volta vedendo questo film, pur avendolo già visto recitare in altri film in cui l'ho giudicato di volta in volta un pesce lesso biondo, un tipo monoespressivo, una faccia banale e poco incisiva. Ma azzeriamo la carica ormonale e veniamo al film. Crazy, Stupid, Love (di Glenn Ficarra e John Requa , 2011) è un film furbo, scaltro e commerciale, un format di commedia romantica contemporanea già visto (mi ha fatto pensare a Love Actually e a film corali di questo tipo con la parola "love" nel titolo), ma è anche molto molto carino e attraente, di quei film che sanno bene come prendere lo spettatore di tutte le età e lusingarlo con situazioni sentimentali stuzzicanti, dialoghi brillanti, scenette isteriche e qualche lacrimuccia emotiva di tipo più femminile. In quasi due o

I Love Books: 36. Colazione da Tiffany

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Questo libro non si legge, si inghiotte in un sol boccone; è brevissimo (poco più di 100 pagine che si leggono in poche ore), è sottile come la vita di Audrey Hepburn , ma è bellissimo. Inevitabile fare confronti mentali con il film mentre si legge il libro e scoprire che ci sono differenze notevoli tra le due cose. Ora capisco perché Truman Capote si offese con la Paramount Pictures e si sentì tradito! La Holly Golightly originale di Capote è ben diversa dalla Holly/ Audrey bon ton ed elegantemente iconica, è molto più scurrile, avventurosa, audace, più sbottonata in un certo senso, ha un linguaggio più aggressivo e non disdegna le parolacce, ma soprattutto, è, nemmeno troppo velatamente, bisessuale! E poi è bionda e fa venire in mente più una Marilyn sexy e felina (attrice che infatti avrebbe voluto Capote per il film) che una dolce e leggiadra Audrey . La passione per Tiffany come luogo di conforto, le famose paturnie, il gatto senza nome, la chitarra strimpellata al