Il mio parere su Dallas Buyers Club
Matthew McConaughey io non l'ho mai considerato un attore, non l'ho mai considerato in genere.
Uno così stupidamente bello che recita in commediole romantiche con Jennifer Lopez, non può destare alcun interesse se si ama almeno un po' il buon cinema.
Il mio solido e motivato snobismo verso questa sottospecie di divo hollywoodiano ha subito una fortissima destabilizzazione a partire da un film grandioso come Killer Joe.
Metamorfosi assoluta.
Dismessi i panni del femminaro con la perenne espressione da bellone monolitico, il buon Matthew si è trasformato non solo in un bravo attore, ma in un attore sopra la media, in un performer superbo. E io ho vissuto uno dei più incredibili cambi di opinione della storia.
In Dallas Buyers Club (di Jean-Marc Vallée, 2013), per esempio, è un mostro sacro, è immenso.
Nel ruolo di Ron Woodroof, il rozzo cowboy texano anni '80 che si scopre malato di AIDS e che intraprende una lotta farmacologica alternativa per la vita, regala agli spettatori un'interpretazione memorabile.
Il suo corpo così penosamente scheletrico (credo di aver visto qualcosa di simile solo in Christian Bale nelL'uomo senza sonno) è già un dono di profondità a chi guarda, il sacrificio fisico per una recitazione completa e complessa.
La forza di Dallas Buyers Club è Matthew McConaughey nella sua interezza. Il film dipende totalmente da lui.
Ma non è finita qui, perché anche Jared Leto nel ruolo del trans Rayon è qualcosa di spettacolare; è bellissimo/a, credibilissimo/a, struggente.
Niente eccessi transgender carnevaleschi, nessun effetto caricaturale, solo la più spontanea e raffinata arte della recitazione e dell'immedesimazione, dello studio e dello scavo fisico.
Anche lui mostruosamente scheletrico, anche lui mostro sacro.
Ho provato così tanto amore per questa creatura fragile e ammalata da ritrovarmi commossa come non mi capitava da tempo.
Eppure Dallas Buyers Club non lo definirei un film commovente; ha un suo distacco, una sua forza che oscilla tra ruvidità ed essenzialità, un taglio di regia scabro che non indugia quasi mai sul sentimentalismo facile da malattia terminale, ma che vuole più essere una celebrazione sobria e ruvida della lotta, del coraggio e dell'autoironia dei suoi protagonisti.
Nessuna scena madre caricata di pathos, nessun invito obbligato alle lacrime.
L'AIDS c'è, e pure nei suoi lati più tragici e definitivi, ma non è mai protagonista assoluta e tirannica, non domina mai sulla voglia di vivere dei due iper-emaciati e iper-combattivi veri protagonisti.
Da questo punto di vista è un film dall'animo profondamente cowboy.
Matthew McConaughey e Jared Leto, più che il film in sè, mi hanno profondamente toccato il cuore.
Meritano entrambi l'Oscar. (Lo merita anche Di Caprio, adesso più che mai, ma se anche stavolta non dovesse vincerlo, potrò almeno capire completamente, e anche accettare, il perché).
Uno così stupidamente bello che recita in commediole romantiche con Jennifer Lopez, non può destare alcun interesse se si ama almeno un po' il buon cinema.
Il mio solido e motivato snobismo verso questa sottospecie di divo hollywoodiano ha subito una fortissima destabilizzazione a partire da un film grandioso come Killer Joe.
Metamorfosi assoluta.
Dismessi i panni del femminaro con la perenne espressione da bellone monolitico, il buon Matthew si è trasformato non solo in un bravo attore, ma in un attore sopra la media, in un performer superbo. E io ho vissuto uno dei più incredibili cambi di opinione della storia.
In Dallas Buyers Club (di Jean-Marc Vallée, 2013), per esempio, è un mostro sacro, è immenso.
Nel ruolo di Ron Woodroof, il rozzo cowboy texano anni '80 che si scopre malato di AIDS e che intraprende una lotta farmacologica alternativa per la vita, regala agli spettatori un'interpretazione memorabile.
Il suo corpo così penosamente scheletrico (credo di aver visto qualcosa di simile solo in Christian Bale nelL'uomo senza sonno) è già un dono di profondità a chi guarda, il sacrificio fisico per una recitazione completa e complessa.
La forza di Dallas Buyers Club è Matthew McConaughey nella sua interezza. Il film dipende totalmente da lui.
Ma non è finita qui, perché anche Jared Leto nel ruolo del trans Rayon è qualcosa di spettacolare; è bellissimo/a, credibilissimo/a, struggente.
Niente eccessi transgender carnevaleschi, nessun effetto caricaturale, solo la più spontanea e raffinata arte della recitazione e dell'immedesimazione, dello studio e dello scavo fisico.
Anche lui mostruosamente scheletrico, anche lui mostro sacro.
Ho provato così tanto amore per questa creatura fragile e ammalata da ritrovarmi commossa come non mi capitava da tempo.
Eppure Dallas Buyers Club non lo definirei un film commovente; ha un suo distacco, una sua forza che oscilla tra ruvidità ed essenzialità, un taglio di regia scabro che non indugia quasi mai sul sentimentalismo facile da malattia terminale, ma che vuole più essere una celebrazione sobria e ruvida della lotta, del coraggio e dell'autoironia dei suoi protagonisti.
Nessuna scena madre caricata di pathos, nessun invito obbligato alle lacrime.
L'AIDS c'è, e pure nei suoi lati più tragici e definitivi, ma non è mai protagonista assoluta e tirannica, non domina mai sulla voglia di vivere dei due iper-emaciati e iper-combattivi veri protagonisti.
Da questo punto di vista è un film dall'animo profondamente cowboy.
Matthew McConaughey e Jared Leto, più che il film in sè, mi hanno profondamente toccato il cuore.
Meritano entrambi l'Oscar. (Lo merita anche Di Caprio, adesso più che mai, ma se anche stavolta non dovesse vincerlo, potrò almeno capire completamente, e anche accettare, il perché).
Completamente d'accordo con te. Ho scritto anche io qualcosa di simile!!
RispondiEliminagià letto ;)
EliminaGran film, che ha il pregio di non cedere mai al buonismo e alla lacrima facile.
RispondiEliminaE sul fatto che sia McConaughey sia Leto meritino l'oscar mi trovi assolutamente d'accordo.
:D
EliminaNon un capolavoro, ma comunque un ottimo film con interpretazioni memorabili e un approccio freddo alla malattia che non lo fa scadere nel piagnisteo scontato.
RispondiEliminaMcConaughey dopo film di merda si è svegliato una mattina e ha deciso di dimostrare a tutti che oltre a essere belloccio aveva talento nella recitazione e ha trovato il film giusto e vincerà meritatamente l'Oscar.
Se non ci fosse stato lui DiCaprio l'avrebbe vinto, invece nada.
Leto, non me ne vergogno, è bellissimo e la sua è un'altra interpretazione magnifica che tocca l'anima dello spettatore.
Benedetta sia quella mattina! ;)
EliminaIl personaggio di Rayon è bello da lacrime... e qui McConaughey diventa mostro sacro... un film che non spinge alla commozione banale e sempliciotta ma che racconta una storia forte, ruvida e devastante attraverso grandi interpretazioni... io tifo Leo, ma se dovesse vincere Matthew mi farebbe comunque piacere... :-)
RispondiEliminaanche io tifo Leo, ma se anche stavolta non lo vince non mi arrabbio come aveva previsto prima di vedere Dallas Buyers Club :)
EliminaNon sono ancora riuscita ad andare a vederlo, ma è un film che mi ispira parecchio!
RispondiEliminaspero ti piaccia Miria :)
EliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminastavo cazzeggiando un po' e sono tornata sul tuo blog dopo eoni, scoprendo felice che è ancora vivo e vegeto. Non ho mai commentato prima d'ora, ma sappi che mi piace moltissimo il tuo modo di recensire: le tue osservazioni - oltre che condivisibili, sono sempre espresse chiaramente e poeticamente al tempo stesso. keep up the good work! ;)
RispondiEliminaAllora bentornata Francesca e grazie di cuore per le belle parole <3
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