I Love Books: 109. Spegnere le luci e guardare il mondo di tanto in tanto



Con Virginia Woolf ho un rapporto anomalo: ne ammiro la capacità creativa e critica, il carisma letterario, l'attivismo, la pienezza drammatica e iconica della sua esistenza, eppure non posso dire di amare le sue opere.

Mi sono arenata più volte con La signora Dalloway, annaspando, borbottando, sbadigliando.
Ho finito di leggere Orlando, ma senza alcun tipo di piacere e quasi con fastidio psicosomatico.
Ho sfiorato e poi evitato tutto il resto della sua produzione come si sfiorano e si evitano Proust e Joyce, per paura di ammettere che la noia che si prova è solo insensibilità e miseria intellettuale.

Non mi sento predisposta alla narrazione woolfiana e alla sua dilatazione ondivaga e sperimentale, così poco romanzesca, così spesso orientata all'esercizio di stile, ad un'innovazione "antinaturalistica" a tratti dimentica del lettore.

Oh no! Non sono una scrittrice di romanzi. Ho sempre voluto chiamare i miei libri in modo diverso.

Ipse dixit, non a caso.

Eppure i saggi della Woolf e i suoi interventi teorici mi conquistano sempre, la sua visione delle cose e il modo brillante in cui la esprime suscitano il mio più completo entusiasmo.
Pendo dalle sue labbra, mi ritrovo a chiamarla Virginia come stessi parlando di una confidente, di un'amica molto colta e indipendente fonte di perfetta empatia.

Sarà per questo motivo che, pur non essendo una woolfiana integralista e avendo anzi tendenze antiwoolfiane, ho amato molto questo libro, che è una raccolta molto ben strutturata di scritti di Virginia sulla scrittura e la lettura, per lo più stralci di lettere ad amici e conoscenti.

Quella che viene fuori da queste lettere disimpegnate e domestiche è una Virginia ironica, tagliente, elevata e tormentata dalle chiamati urgenti del suo genio creativo, ma che non perde mai il senso della misura, una donna spesso in lotta con il duro lavoro di scrittrice, con la sua vocazione che sembra avversione:
Mi sembra tutto enormemente aleatorio e ingannevole - tante vuote asseverazioni e tranelli della parola - eppure è questa l'arte a cui consacriamo le nostre vite.
A volte perfino scettica verso questa ostinazione fagocitante:
Perché mai si ha la pretesa di essere scrittori? Perché non raccogliamo tutte le nostre carte sparpagliate e le mettiamo via...direi che sarebbe saggio. 
Una Virginia autoironica, allegramente modesta e adorabilmente insicura, in grado di distaccarsi dal suo ruolo e di osservarlo da un punto di vista lieve, senza pose da artista disperata e seriosa vanità:
 Ti assicuro che tutti i miei romanzi erano di prim'ordine prima che li scrivessi.

Sono attonita di fronte alla stranezza della psicologia dello scrittore.

Le metafore che usa la Woolf per esprimere quello che prova sono tante e bellissime, sono sfide alla monotonia del linguaggio, sono giochi di prestigio semantici, come quando definisce le idee "un vorticare di girini e pipistrelli", o una sua opera: "un serpente che è stato schiacciato per metà da una macchina, ma continua a risollevare la testa".
Sono una grande sostenitrice della metafora e della sua portata vasta e qui ne ho trovate e appuntate davvero tante.

E poi le critiche a Joyce, al suo Ulisse "al quale mi sono legata come un martire al palo, e ringrazio Dio di averlo finito. Il mio martirio è terminato".
Giubilo e sensi di colpa sopiti dopo questa stilettata!

L'ammirazione per Jane Austen, per la sua crudezza: "...la gente che ne parla come di una zitella tutte smorfie e smancerie mi irrita sempre".
Gente che di solito non l'ha mai letta, aggiungo io.

Tutta una serie di raffinati pensieri sui libri, siano essi scritti o letti, da scrivere o da leggere, una grande ricchezza di idee, considerazioni, dichiarazioni (io ho sottolineato più o meno tutto il libro) che creano un filo diretto e vivace tra la mente e l'ambiente di Virginia e la curiosità del lettore.

Di fronte alla diatriba che io stessa alimento sulla migliore versione di Virginia Woolf, lei avrebbe fatto del sarcasmo:
Sono così angosciata da tutti quei signori che mi dicono che sono una critica nata e non una scrittrice, e da tutti quei giovani che mi dicono che sono una scrittrice nata e non una critica. Tuttavia, questa volta stiamo facendo un po' di soldi, ed è proprio divertente.
Anche leggere questo libro (edito dalla preziosa Minimum Fax e curato da Federico Sabatini) è divertente, un atto rapido, liberatorio, facile, ideale per chi come me teme la Woolf creatrice di opere somme e impegnative, ma si sente attratto dal suo carisma e vuole spiarla un po' mentre crea, distrugge, pensa, legge.

Scordatevi la malattia mentale, i sassi e il fiume: quella che ci parla dalle pagine di questa raccolta è una donna vivacissima e splendente (anche nelle crisi), una scrittrice metodica nel suo lavoro, ma orientata anche all'esterno, al fluire della vita fuori dal perimetro creativo del suo studio, a spegnere le luci artificiali, anche quelle della creazione artistica, e a guardare il mondo, osservare una mucca che si lecca l'orecchio, di tanto in tanto.

Commenti

  1. Questi saggi mi attendono in ebook. Anch'io non amo le opere della Woolf, si tratta di una sensibilità piuttosto distante dalla mia.
    Complimenti per il Dostoevskij che noto tra le letture in corso :)

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  2. Ci giro intorno da tanto, alla cara Virginia, la sto leggendo pian piano perché ho il presentimento che quello con le sue opere per me sarà un impatto forte. Ho letto anni fa i suoi Diari e come te mi sono innamorata della sua testa, della sua personalità, del suo carisma: era un vero vulcano. Anche se lo leggevo di notte, dopo una lunga giornata, le sue parole mi facevano venir voglia di alzarmi e fare qualcosa! È magnetica e travolgente sulla carta, pensa un po' come poteva essere di persona...
    Delle sue opere, ho letto solo "Le onde" per ora, che pur essendo a quel che dicono il più sperimentale tra i suoi libri (e non mi riesce difficile pensare che sia vero) ho amato davvero molto. Anche se dovrò rileggerlo, perché sono sicura di non aver recepito tutto.
    Questa raccolta della MinimumFax ovviamente m'ispira tantissimo, così come i suoi diari di viaggio. La tua recensione rende molto l'idea di cosa significa leggere la Woolf in vesti diverse da quelle di scrittrici, e mi hai fatto venir voglia d'incontrarla ancora

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    1. Le onde lo temo più degli altri e ti ammiro per il coraggio di averlo affrontato e addirittura amato.
      Io non riesco a portare vanti nemmeno La signora Dalloway, quindi immagino di non avere chance con quelli ancora più sperimentali!
      I Diari vorrei invece leggerli anch'io

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  3. Con la signora Woolf ho un rapporto assai difficile, non di amore/odio ma quasi. Sono attratta dai sui lavori, ma poi li leggo con difficoltà. Spesso mi areno, vorrei mollare, poi li riprendo, ne riscopro il genio narrativo, poi mi blocco nuovamente. Gita al Faro è stata una lettura lunghissima e sofferta. Però non la abbandono!

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    1. Mi fa piacere riscontrare altre situazioni come la mia nel complesso rapporto Woolf-lettore!

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  4. Ho adorato Gita al faro e faticato con Orlando, ho provato a leggere Le onde con scarsissimi risultati. Però mi hanno sorpreso i suoi Diari di viaggi (Mattioli 1885), scritti prima che si occupasse di romanzi quando era appena una ventenne: penso che, a parte, qualche eccezione, sia più una brava saggista. Spero di non dire un'eresia.
    E ti dirò di più, suo marito Leonard è un bravo "narratore".

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    1. Non credo tu dica un'eresia, sono d'accordissimo con te!
      A scrivere era una bomba, su questo non ci sono dubbi, ma la cosa dello sperimentalismo a volte le sfuggiva un po' di mano in ambito narrativo.
      Di Leonard non ho mai letto nulla, ma ricordo la recensione che avevi fatto sul blog di un suo libro ;)

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