Serie tv Netflix: Stranger Things 2
Le soddisfazioni più grandi oggi me le dà Netflix. Sto diventando sempre più un automa da divano ma almeno soddisfatto.
Quest'anno confermo ogni parola della mia dichiarazione e ne aggiungo poche altre.
Accomodarsi per la seconda volta nell'estetica anni '80 della serie è stato spontaneo, quella meraviglia ormai la conosciamo bene.
Le citazioni hanno continuato a dare la gioia della celebrazione a chi ha più di 30 anni come me (quella dei Ghostbusters sopra tutte), ma in questa stagione si sono messe un po' da parte, si sono integrate nel sistema. L'essenza di Stranger Things è proprio il citare e il far rivivere anni lontani e questo ormai è un dato di fatto e di stile che non si sposta da lì (per fortuna) e non ha bisogno di esternazioni nette.
È il contenuto narrativo a brillare, anche nelle tenebre ramificate che attraversano ogni cosa, in questa seconda stagione.
La trama di Stranger Things 2 è un meccanismo altamente funzionante, un tripudio di mostruosità sotterranee che stavolta diventano anche interiori, come una possessione demoniaca.
Non si vedevano così tanti e credibili contorcimenti fisici dai tempi de L'esorcista e Noah Schnapp nei panni di Will è stato fantastico, un degno ospitante del lato più oscuro di Stranger Things.
Nella prima stagione era stato inghiottito dall'Upside Down e stava lì nascosto dal buio mentre gli altri tre amici si davano da fare e ci lasciavano a bocca aperta; adesso è lui la super star, quasi ai livelli di Eleven-Millie Bobby Brown.
Ed è ridondante dire che Millie-Eleven-mai-na-gioia ha davvero i super poteri e che dopo ogni sua prova durissima e dopo ogni goccia di sangue che cola dal suo naso, noi ci ritroviamo scossi, provati e potenti come lei. La sua forza ci arriva dritta dritta addosso anche stavolta.
Questa ragazzina farà molta strada, ne sono certa.
Ho molto amato la complessità narrativa di questa seconda stagione, quel gioco di trame piccole che fanno sorridere perché legate alla goffaggine della prima adolescenza dentro trame grandi che fanno tremare e confinano con l'orrore, quel concedersi una focalizzazione diversa e unica per un'intera puntata (il capitolo 7, quello in cui Eleven va a trovare la sorella perduta), come un mini spin-off, quell'allargare la prospettiva su altri personaggi, importanti o secondari, e su nuove storie.
E poi Winona, che fa sempre rima con icona, con i suoi occhi grandi e la giacca di velluto a coste, è la cosa più bella, umana e reattiva di questa serie e anche in questa seconda storia è una combattente, una di quelle madri un po' sbilenche e sui generis che nel pericolo diventano determinate e per nulla cedevoli. I suoi atti di forza e di coraggio sono bellissimi.
E ancora tutti gli altri, i losers coraggiosi verso cui il nostro bene si rinnova in pieno (io Dustin-Gaten Matarazzo vorrei comprarmelo e tenermelo in casa, è un fenomeno paranormale vivente) , i più grandi e confusi dall'amore (Nancy e Jonathan forever!) e i nuovi arrivati, la nuova adepta red-head in skate e il coatto californiano fratellastro di lei, già diventati entrambi simbolici e di impatto.
E ovviamente anche i mostri, siano essi entità aeriformi o viscosi quadrupedi tangibili. Ci si affeziona anche a loro.
Ho creduto anche stavolta, e senza alcuna forma di brusca restituzione della mia mente al reale, alle manifestazioni fisiche del male che si annida nel sottosuolo di Hakwins, al Demogorgon divenuto forza centrale e tentacolare, ai demo-dogs che sembrano in effetti cani molto viscidi e molto inclini al morso strappa-viscere, al piccolo Dart che da rettile senza identità scientifica diventa mostruosa creature sventra-gatti e avidissima di sangue.
Ho creduto a ogni cosa, a ogni vicenda e propaggine del bene e del male, di sopra e di sotto.
Come è possibile che una razionalista un filino snob nella ricezione di ciò che mi viene narrato come me (e una schiera enorme di altri razionalisti) possa essere stata così profondamente inghiottita da questa serie, per due volte, possa essere così devota alla sua storia di provincia americana soporifera che d'un tratto diventa guerra dei mondi, epopea di coraggio giovanile, avventura a suon di pedalate leste, di walkie talkie accesissimi, di super poteri femminili totali e di mille altre cose di mera e mostruosa fantasia?
Perché, a più di 30 anni e senza aver mai giocato a Dungeons&Dragons in vita mia, sono diventata una fanatica di questo sotterraneo fantasy esplorato da nerd e abitato da creature mitologiche untuose?
Io me lo spiego in molti modi, e cito sempre la qualità di contenuto e contenitore, di attori e performance, di materia narrativa e di essenza stilistica. Ma me lo spiego soprattutto così: un regalo al nostalgico e al neofita.
Stranger Things, il primo come il secondo, è un regalo per chi negli anni '80 è nato (come me) e per chi non era ancora nato e guarda a quel decennio con occhi curiosi.
Si configura come dono, un dono di recupero e di esplorazione, di ritorno e di iniziazione.
Ti fa sentire speciale se sei del 1984 o giù di lì, perché celebra il tuo passato, i tuoi riferimenti audiovisivi, il tuo territorio di intrattenimento, tutte quelle cose generazionali così naif e analogiche viste oggi, così tenere e rudimentali da far commuovere.
Credo ti faccia sentire un viaggiatore del tempo sei sei nato un decennio o due dopo, un invitato al viaggio.
In entrambi i casi ti viene offerta un'esperienza di intrattenimento profondo, sincronico e diacronico.
Tirando le somme di un potenziale elenco di meriti illimitati, posso dire che Stranger Things 2 è stato la conferma di un credo religioso, uno di quei ritorni che ti fanno pensare "l'abbonamento a Netflix prima del pane e dell'acqua".
Cose fatte bene insomma, di quelle che danno gioia, senso di fiera appartenenza al proprio anno di nascita e agli anni correnti della serialità d'eccellenza, cose che ti fanno benedire l'America, perfino quella dell'era di quel demogorgon col parrucchino che è Trump.
In chiusura di post (e di stagione) Every Breath You Take dei Police e il cuore sottosopra...
Le citazioni hanno continuato a dare la gioia della celebrazione a chi ha più di 30 anni come me (quella dei Ghostbusters sopra tutte), ma in questa stagione si sono messe un po' da parte, si sono integrate nel sistema. L'essenza di Stranger Things è proprio il citare e il far rivivere anni lontani e questo ormai è un dato di fatto e di stile che non si sposta da lì (per fortuna) e non ha bisogno di esternazioni nette.
È il contenuto narrativo a brillare, anche nelle tenebre ramificate che attraversano ogni cosa, in questa seconda stagione.
La trama di Stranger Things 2 è un meccanismo altamente funzionante, un tripudio di mostruosità sotterranee che stavolta diventano anche interiori, come una possessione demoniaca.
Non si vedevano così tanti e credibili contorcimenti fisici dai tempi de L'esorcista e Noah Schnapp nei panni di Will è stato fantastico, un degno ospitante del lato più oscuro di Stranger Things.
Nella prima stagione era stato inghiottito dall'Upside Down e stava lì nascosto dal buio mentre gli altri tre amici si davano da fare e ci lasciavano a bocca aperta; adesso è lui la super star, quasi ai livelli di Eleven-Millie Bobby Brown.
Ed è ridondante dire che Millie-Eleven-mai-na-gioia ha davvero i super poteri e che dopo ogni sua prova durissima e dopo ogni goccia di sangue che cola dal suo naso, noi ci ritroviamo scossi, provati e potenti come lei. La sua forza ci arriva dritta dritta addosso anche stavolta.
Questa ragazzina farà molta strada, ne sono certa.
Ho molto amato la complessità narrativa di questa seconda stagione, quel gioco di trame piccole che fanno sorridere perché legate alla goffaggine della prima adolescenza dentro trame grandi che fanno tremare e confinano con l'orrore, quel concedersi una focalizzazione diversa e unica per un'intera puntata (il capitolo 7, quello in cui Eleven va a trovare la sorella perduta), come un mini spin-off, quell'allargare la prospettiva su altri personaggi, importanti o secondari, e su nuove storie.
Non sono episodi quelli di Stranger Things 2 (e di Stranger Things tutto), ma, per l'appunto, capitoli, come in letteratura; la fidelizzazione che crea, il respiro che ha sono romanzeschi.
Stranger Things è un romanzo di formazione, avventura, orrore, amore e in questa seconda stagione la sensazione di pienezza stratificata che si prova è di natura letteraria. La stessa tipologia di sensazione che dà un buon romanzo di Stephen King.
Stranger Things è un romanzo di formazione, avventura, orrore, amore e in questa seconda stagione la sensazione di pienezza stratificata che si prova è di natura letteraria. La stessa tipologia di sensazione che dà un buon romanzo di Stephen King.
E poi Winona, che fa sempre rima con icona, con i suoi occhi grandi e la giacca di velluto a coste, è la cosa più bella, umana e reattiva di questa serie e anche in questa seconda storia è una combattente, una di quelle madri un po' sbilenche e sui generis che nel pericolo diventano determinate e per nulla cedevoli. I suoi atti di forza e di coraggio sono bellissimi.
E ancora tutti gli altri, i losers coraggiosi verso cui il nostro bene si rinnova in pieno (io Dustin-Gaten Matarazzo vorrei comprarmelo e tenermelo in casa, è un fenomeno paranormale vivente) , i più grandi e confusi dall'amore (Nancy e Jonathan forever!) e i nuovi arrivati, la nuova adepta red-head in skate e il coatto californiano fratellastro di lei, già diventati entrambi simbolici e di impatto.
E ovviamente anche i mostri, siano essi entità aeriformi o viscosi quadrupedi tangibili. Ci si affeziona anche a loro.
Ho creduto anche stavolta, e senza alcuna forma di brusca restituzione della mia mente al reale, alle manifestazioni fisiche del male che si annida nel sottosuolo di Hakwins, al Demogorgon divenuto forza centrale e tentacolare, ai demo-dogs che sembrano in effetti cani molto viscidi e molto inclini al morso strappa-viscere, al piccolo Dart che da rettile senza identità scientifica diventa mostruosa creature sventra-gatti e avidissima di sangue.
Ho creduto a ogni cosa, a ogni vicenda e propaggine del bene e del male, di sopra e di sotto.
Come è possibile che una razionalista un filino snob nella ricezione di ciò che mi viene narrato come me (e una schiera enorme di altri razionalisti) possa essere stata così profondamente inghiottita da questa serie, per due volte, possa essere così devota alla sua storia di provincia americana soporifera che d'un tratto diventa guerra dei mondi, epopea di coraggio giovanile, avventura a suon di pedalate leste, di walkie talkie accesissimi, di super poteri femminili totali e di mille altre cose di mera e mostruosa fantasia?
Perché, a più di 30 anni e senza aver mai giocato a Dungeons&Dragons in vita mia, sono diventata una fanatica di questo sotterraneo fantasy esplorato da nerd e abitato da creature mitologiche untuose?
Io me lo spiego in molti modi, e cito sempre la qualità di contenuto e contenitore, di attori e performance, di materia narrativa e di essenza stilistica. Ma me lo spiego soprattutto così: un regalo al nostalgico e al neofita.
Stranger Things, il primo come il secondo, è un regalo per chi negli anni '80 è nato (come me) e per chi non era ancora nato e guarda a quel decennio con occhi curiosi.
Si configura come dono, un dono di recupero e di esplorazione, di ritorno e di iniziazione.
Ti fa sentire speciale se sei del 1984 o giù di lì, perché celebra il tuo passato, i tuoi riferimenti audiovisivi, il tuo territorio di intrattenimento, tutte quelle cose generazionali così naif e analogiche viste oggi, così tenere e rudimentali da far commuovere.
Credo ti faccia sentire un viaggiatore del tempo sei sei nato un decennio o due dopo, un invitato al viaggio.
In entrambi i casi ti viene offerta un'esperienza di intrattenimento profondo, sincronico e diacronico.
Tirando le somme di un potenziale elenco di meriti illimitati, posso dire che Stranger Things 2 è stato la conferma di un credo religioso, uno di quei ritorni che ti fanno pensare "l'abbonamento a Netflix prima del pane e dell'acqua".
Cose fatte bene insomma, di quelle che danno gioia, senso di fiera appartenenza al proprio anno di nascita e agli anni correnti della serialità d'eccellenza, cose che ti fanno benedire l'America, perfino quella dell'era di quel demogorgon col parrucchino che è Trump.
In chiusura di post (e di stagione) Every Breath You Take dei Police e il cuore sottosopra...
Winona icona, non c'è avevo mai pensato... :)
RispondiEliminaIo sono del 1982 e devo dire che mi ritrovo parecchio nelle cose che dici. Mi sa che è proprio per questo che Stranger Things ci entusiasma tanto. Anche questa seconda stagione che per me è stata all'altezza della prima. Ormai un'esperienza religiosa, in grado di farmi amare pure i Police, che fino ad ora non è che mi avessero mai messo i brividi in questo modo.
Esattamente, un'esperienza religiosa :D
EliminaFatta eccezione per la famigerata settima puntata, me la sono goduta persino più della prima :)
RispondiEliminaINVECE DI OTTENERE UN PRESTITO, HO OTTENUTO QUALCOSA DI NUOVO
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