Il mio parere su The Hateful Eight


Le mie aspettative su questo film transitavano tutte nell'area piuttosto arresa del "tanto ho letto e sentito dire che fa addormentare" et similia.

L'idea che mi ero fatta di questo ultimo film di Quentin Tarantino era quella di un sonnifero.

Quale somma sorpresa nel verificare, durante e dopo la visione - avvenuta senza alcun pronosticato rapimento da parte di Morfeo - che The Hateful Eight non solo mi è piaciuto, ma mi ha anche gratificato, mi ha aperto quel varco accogliente del coinvolgimento a più livelli che, a detta dei più, avrei dovuto aspettarmi chiuso.


Non posso tirare in ballo il termine esaltazione, questo no, ma soddisfazione sì, godimento narrativo pure, stile idem.

Quasi tre ore di narrazione a ritmo crescente raccolta dentro un rifugio dal blizzard esterno, l'emporio di Minnie, che è in realtà luogo pericolosissimo, teatro di smascheramenti, di menzogne e di verità sanguinolente, di identità vere o presunte, di odio prima strisciante poi esplosivo.

La storia americana e la guerra civile come argomento ancora scottante e aperto per i personaggi del film (e per Tarantino), qualche scontro ideologico e personalissime dichiarazioni d'indipendenza, questione Nord-Sud/bianchi-neri discussa con la veemenza di un'esperienza recente, perorazione più o meno dialettica di cause, e poi, dopo questo temporeggiare di tipo politico e di tipo teatrale, dopo questo argomentare e dibattere a diversi livelli, il mutarsi del film in qualcosa di simile ad un giallo alla Agatha Christie, con tanto di ipotesi di colpevolezza ragionate e verificate.

Un Cluedo western intrigante e imprevedibile.

Ecco che The Hateful Eight dopo aver preferito la strada della bassa tensione e del low profile, si accende di colpo, sveste i suoi panni teatrali e dialogici e si fa avventura delittuosa, pulp movie, dichiarazione tarantiniana classica di ultraviolenza e di beffardo voyeurismo su tale carneficina.


Ci vuole una pazienza di tipo letterario per apprezzare questo film: la sua lentezza dialettica, la sua calma esplicativa, il suo posticipare il più possibile il climax, possono far sbuffare chi predilige più l'azione cinematografica (in special modo quella tarantiniana) alla meditazione letteraria, al flusso verbale.

Forse perché non sono una fanatica di Tarantino, ma un'ammiratrice moderata, ho trovato il film godibile e perfettamente in grado di intrattenere e incuriosire. O forse perché avevo aspettative simili ad una tazza di camomilla.
Condizionamenti personali e mediatici a parte, ritengo che The Hateful Eight sia, oggettivamente, un'opera molto valida e interessante.

Sì, c'è una prima parte lenta come una diligenza ottocentesca sotto la neve sferzante del Wyoming, la stessa in cui si fanno presentazioni ed elucubrazioni rallentate, e sì, c'è una dilatazione narrativa ampia e spesso sfibrante, ma NO, il film non è affatto noioso né soporifero come si dichiarava in massa.

Solo un Tarantino più calmo (almeno fino ad un certo punto), più verboso e meno scalpitante, più orientato alla riflessione e meno alla furoreggiante prestazione splatter.
Prendere o lasciare.

Io, che presagivo tedio cosmico, non sono mai stata più sveglia e guardinga.

Gli otto sotto un tetto costretti ad una convivenza forzata a dispetto delle loro diversità e ad un processo ad personam dentro un microcosmo dal concetto di Legge molto particolare, ingannano e intrigano lo spettatore, come farebbero personaggi di un buon romanzo giallo.

Mi hanno incuriosito tutti, li ho ritenuti tutti odiosi e minacciosi in maniera ipnotica.
Otto tipacci da tenere sott'occhio, otto iene in gabbia che si annusano e si preparano all'assalto reciproco.

Ho ovviamente dato un primo posto nella parte spietata del mio cuore al maggiore Marquis Warren interpretato da Samuel L. Jackson, creatura tarantiniana all'ennesima potenza, vettore di picchi di violenza fisica e soprattutto verbale, apostrofato continuamente come "nigger" e in grado di offrire la sua performance di vendetta, anche storica e ideologica, con calma e spietata capacità di argomentazione (la descrizione della fellatio è pura ferocia!).


Daisy Domergue (Jennifer Jason Leigh), donna che delle eroine a cui Tarantino ci ha abituato ha ben poco, mi ha divertito tanto per quel suo essere così volgare e beffarda, così astuta e oscena.
Le scene cruciali del film la riguardano sempre.


Tutti gli altri - un cacciatore di taglie, uno sceriffo, un boia, un cowboy, un veterano della guerra di secessione e un messicano - con le loro più o meno credibili identità, sono la perfetta manifestazione del concetto di detestabile (hateful appunto) e hanno tante cose in serbo per lo spettatore (più paziente).

La colonna sonora di Ennio Morricone, incantevole e ipnotica, è la consueta marcia in più allo stile di Tarantino e in questo film, così rallentato, va a riempire spesso i vuoti d'azione.

In conclusione,per me The Hateful Eight è un film: con il concetto di talento e di performance moltiplicato per 8, con una grande vocazione da pièce teatrale, con qualche necessità di riduzione della sua durata qua e là, con molta ideologia e storia americana, con un fascino da romanzo giallo e con dosi di Tarantino meno concentrate.

Per me va benissimo così.

Pensavo di trovarmi davanti un detestabile film da 6 o giù di lì, e invece, e non solo per fare una stolta citazione del titolo, è un film da 8.

Commenti

  1. Ciao
    innanzitutto grazie! Anche a me avevano dipinto malissimo questo film, e nonostante non sia una fan accanita di Tarantino (ho qualche problema con le scene particolarmente violente) i suoi film li ho visti più o meno tutti ed ero interessata anche a questo, interesse che è sceso sentendo commenti generali che concordavano sul fatto che non ne valesse la pena. Ora la mia curiosità si è rianimata e credo proprio che me lo guarderò e deciderò da me se ne vale la pena o meno. E poi adoro il maestro Morricone!

    Buona giornata

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