Il mio parere su Il mondo di Arthur Newman


Durante la visione di Il mondo di Arthur Newman (Arthur Newman, di Dante Ariola, 2012) mi sono chiesta: "Diamine, ma qualcuno ha letto la sceneggiatura di questo film?", perché la sedicente sceneggiatura in questione è un abbozzo incompleto e indeciso, privo di una direzione precisa, di incipit, climax ed excipit ben tracciati, sembra un appunto scheletrico che andava sviluppato e che non si ancora bene dove sbocchi e perché.
Il risultato è che Il mondo di Arthur Newman sembra più un'idea che un'opera compiuta, più una clip del film che il film fatto e finito.

Quando ho visto che gli attori protagonisti erano Colin Firth e Emily Blunt, complice anche la lunga estate di nulla filmico, mi sono fiondata al cinema: lui ha un'allure seriosa da uomo di mezza età che non lascia scampo, lei è un'attrice poco utilizzata ma quasi sempre ben utilizzata dal cinema contemporaneo, e la trovo adorabile.
Entrambi belli, bravi e britannici, una coppia filmica nuova e di accostamento non scontato che non mi potevo certo lasciar sfuggire.

Insieme mi sono piaciuti moltissimo, ma solo estraendoli dal contesto zoppicante e insicuro del film, più in assoluto che contestualmente, più per appagamento iconografico personale che in quanto attori de Il mondo di Arthur Newman.

La storia di una sorta di Adriano Meis/fu Mattia Pascal americano mi sembrava attraente, la promessa di una trama condita di mistero, avventure e disavventure neoesistenziali; peccato che il regista abbia solo tracciato le linee di contorno senza colorare e accendere il contenuto, senza quasi riempire il contenitore del film che risulta così scarno, timido e lacunoso.

Tutto è troppo en passant, troppo sfuggente e allo spettatore vengono dati solo accenni, intuizioni, sunti poco approfonditi.
L'idea di vivere le vite degli altri, di rubare anche per poco identità e abitudini altrui, è sempre di grande fascino cinefilo-romanzesco e tutta la parte in cui i due adocchiano coppie, entrano nelle loro case e ne imitano l'esistenza (per lo più le abitudini sessuali!) poteva essere divertente, irriverente, il cuore mimetico e trasformista del film.
Ovviamente non è andata così perché tutto è sincopato e velocizzato, tutto rimane nella superficie di pochi frammenti e lascia a bocca asciutta chi cerca l'approfondimento.

Credo che il regista, che viene dal mondo rapido ed efficiente della pubblicità, abbia volutamente tagliato e sfoltito le fronde narrative del film, abbia asciugato i possibili canali di ridondanza e messo a tacere le parole a rischio di ovvietà. Gli è sfuggita la cosa di mano però, e a furia di non dire e non far vedere non dice nulla e non fa vedere nulla. O meglio, dice e mostra cose scontate viste in mille altri film (Mike/Emily Blunt è uno stereotipo, un tipo di ragazza interrotta da manuale) e fa troppi sconti su ciò che andava detto e mostrato (soprattutto su Arthur Newman/fu Wallace Avery e sul rapporto con la sua famiglia, i suoi affetti e la sua vecchia vita).

Così Il mondo di Arthur Newman diventa un film noioso, in cui la ricerca dell'essenzialità diventa mancanza di stile, narrazione e contenuto.
Solo i due attori protagonisti salvano il film dall'essere totalmente privo di identità, il nulla assoluto.



Commenti

  1. Visto all'ultimo TFF, lo scorso novembre. Che noia.
    Che noia. Che noia.
    Mi chiedo perché distribuire un film così noiosamente inutile.

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    Risposte
    1. me lo sono chiesta anch'io poison!
      La noia più assoluta.

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    2. noooo nn dirmi cosi' puntavo su questa pellicola cmque ora corro subito a vederlo e ti sapro dire quello che ho provato.. grazie marghe!

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    3. Anonimo,aspetto un tuo parere allora ;)

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