I Love Books: 57. Oblomov
Non so se sia il rigore termico, la vodka in circolo nelle vene o un dono genetico particolarmente diffuso da quelle parti nell'800, ma i romanzieri russi hanno una capacità narrativa pazzesca, passionale.
Ti immagini prose rigidissime e racconti gelidi, temi la sconfinata mole sovietica di quei tomi e il loro peso grigio piombo, e invece, una volta iniziata la lettura, ti ritrovi di fronte, o meglio dentro, a dei mondi di descrizioni, introspezioni e proiezioni di perfetta succosità romanzesca, di sublime, scorrevole, purissimo racconto. Ti trovi faccia a faccia con l'arte del narrare e ne trai sommo piacere, ne fai strumento di salvezza.
Finora mi ero concessa qualche amabile e soddisfacente seduta di Tolstoj e Dostoevskij, ma leggendo Oblomov ho aggiunto Gončarov alla lista di spacciatori russi di emozioni da lettura.
Leggere Oblomov è stato catartico, benefico, una seduta di autoanalisi fatta di continue scosse, empatie e rivelazioni, di richiami personali, identificazioni e reazioni emotive. E' stata una lettura utile oltre che bellissima.
Ma chi è Oblomov?
Oblomov è il tipo di protagonista che non ti aspetteresti perché non ha alcuna dote da protagonista, è l'eroe tragico(comico) con la minor dose di eroismo mai registrata in un romanzo, è un inetto, la personificazione della pigrizia, dell'accidia, dell'immobilità, è un uomo perennemente in vestaglia e pantofole, spalmato sul divano, in overdose di ore di sonno, in totale e quotidiana abulia. Non sa e non vuole far nulla, ha paura di fare qualsiasi cosa e così si lascia affondare in un denso e confortante nulla, in una dimensione vigliacca ma distensiva di non-vita.
Non è un depresso perché nella sua bolla domestica di inattività si trova bene, mangia con appetito, dorme di gusto, riceve degli amici e quando è in solitudine sogna un futuro bucolico, una vita poetica fatta di serena quiete campestre, di dolcissima stasi, di pacifica bellezza.
Non c'è aridità nel suo cuore; Oblomov è solo affetto da quello che il suo amico Stolz chiama "oblomovismo".
Oblomov è un uomo-paradosso, simbolo di una lunga pagina della società russa, di una realtà di proprietari terrieri sfaccendati e inerti che lasciano alla servitù della gleba il compito di lavorare per loro; Oblomov è la nobile Russia rurale e patriarcale che nel non fare e nel delegare ha dimenticato come si agisce, come si vive. Oblomov è lo spirito di iniziativa in paralisi.
Al di là del simbolismo storico e della critica di Gončarov verso l'istituzione della servitù, Oblomov è un tipo umano che ha tanto da dire al lettore più sensibile, ha una psicologia interessantissima, profonda.
Oblomov ti apre gli occhi e ti fa capire che saper stare al mondo non è affatto facile come si pensa, non è cosa per tutti; con i suoi dissidi, le sue crisi, i suoi tentativi di apertura e i repentini ritorni alla chiusura, ti fa interrogare su cosa sia davvero la vita. Ed è anche per questo che Oblomov è un romanzo preziosissimo.
Se avessi una cassaforte in casa lo custodirei lì dentro.
Chi o cosa può scuotere Oblomov dal torpore esistenziale? Ovviamente l'amore, ma a quale prezzo? Cosa comporterà amare la bella e vitale Olga? Come può un uomo affetto da oblomovismo farsi trascinare nelle acque agitate e antistatiche dell'amore? Quali le conseguenze?
Lo scoprirete leggendo il romanzo e io vi consiglio vivamente di farlo.
Per quel che mi riguarda Oblomov è uno di quei libri che continuano a parlarti anche una volta chiusi e riposti nello scaffale, ha un'aura, un'anima, e se lo leggi bene, nel periodo giusto, magari proprio sulla soglia critica dei 30 anni, può anche cambiarti, in meglio.
"...Aveva compiuto i trent'anni e non aveva fatto un solo passo avanti in nessuna direzione e stava ancora sempre al margine della sua arena, allo stesso punto in cui si trovava dieci anni prima.
Si disponeva e si preparava sempre a cominciare a vivere, si disegnava di continuo nella mente il quadro della propria vita: tuttavia, a ogni anno che gli passava rapidamente sul capo, doveva cancellare e mutare qualche cosa in quel disegno." (pag. 77-78)
"Egli finì col mettere pigramente una croce sulle speranze giovanili che lo avevano deluso o che egli stesso aveva deluse, su tutte le tenere, care, luminose memorie, per le quali a taluni il cuore batte fin sulle soglie della vecchiaia." (pag.83)
Dopo Tolstoj ho deciso di dare altre chance ai russi e con questa recensione mi hai dato nuovi spunti!
RispondiEliminasono contenta, è sempre un piacere diffondere il verbo ottocentesco russo, soprattutto presso chi sa apprezzarlo e capirlo :)
EliminaAspettami che arrivo! ;)
RispondiElimina...E Oblomov aspetta te, sdraiato a letto e sbadigliante si intende ;)
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