I Love Books: 118. Roderick Duddle


Roderick Duddle è tante cose, ma sopra ogni cosa è un gioco e io mi sono divertita come non mai a leggerlo, a fare esperienza di questa narrazione classica e sperimentale al tempo stesso, frutto di grande conoscenza della materia e di abilità burlesche indimenticabili.

Quel bambino in movimento sulla copertina Einaudi sono io e siete voi mentre correte impazienti a riprendere la storia, a far svanire il mondo fuori e l'altrove che non sia Roderick e il suo picaresco microcosmo.

Roderick Duddle è un libro che richiama e incatena, ha un ascendente fortissimo sul lettore, ve lo portereste dovunque, è il perfetto compimento del concetto di evasione letteraria.
Ma tu non scapperai, mio lettore, perché sei avido di sapere, e perché ti ho scelto fra tanti, e perché, appunto, sei mio.
Grandi speranze o L'isola del tesoro rispetto a questo trionfo di dinamiche e macchinazioni in chiave semiseria, sono romanzi seriosi e formali.
La capacità di attrarre il lettore di Dickens o di Stevenson è poca cosa rispetto alla furbizia di Mari nel far completamente suo chi legge, nel condire con salace modernità un modello ben preciso di romanzo d'altra epoca.
Io adoro Dickens e Stevenson, la formazione di un giovane lettore deve necessariamente passare per questi autori, ma posso dire che nessun loro romanzo mi ha rapito integralmente come ha saputo fare quello di Mari?

Credetemi, non sono esagerata. Siamo al cospetto di un capolavoro, di un nuovo classico.

Roderick Duddle è un romanzo ilare e informale, uno straordinario caso di tradizione e innovazione, di contemporaneità italiana che si fa romanzo d'appendice dell'Ottocento con padronanza perfetta e credibilità miracolosa, con quel tipo di colta dimestichezza che può permettersi variazioni e sarcastiche personalizzazioni.

Michele Mari, scaltrissimo narratore onnisciente, si intrufola costantemente nella storia e si fa continuo richiamo, un giocoso stimolo per il lettore che viene spostato avanti e indietro, di qua e di là, per locande, conventi o navi, per ogni sfumatura dell'animo umano, per ogni tipo di vizio e virtù, senza pause o indugi teorici di alcun tipo.

Ho contato fino a perderne il conto tutti gli aggettivi che usa Mari per interpellare il lettore e tra i tanti ho amato particolarmente: "micragnoso lettore", "gnomico lettore", "reazionario lettore", "sinottico lettore", "altezzoso lettore", "neghittoso lettore", "grossolano lettore", e così via in un trionfo di originali ed esilaranti definizioni.

L'avventura alla base di Roderick Duddle è assolutamente dickensiana: un ragazzino orfano e il suo prezioso medaglione, causa ed effetto di una serie di rocambolesche situazioni che coinvolgono ogni tipo di personaggi, gestori di bordelli, prostitute, badesse spietate, suore molto particolari, loschi figuri avvolti nel mistero, pescatori, idioti, e chi più ne ha più ne metta.

Un turbine di malaffare, bassifondi e avidità, il rapace desiderio di ricchezza e di rivalsa, la costruzione certosina di inganni e di doppi giochi e quel ragazzino inconsapevole che va per mare e per terra e che vorremmo proteggere in ogni momento dalle minacce, spesso ridicole, che lo circondano.

Se non avete ancora letto Roderick Duddle dovete farlo al più presto: è un viaggio senza soste, un intricato gioco dell'oca, una dimostrazione di scrittura divina e di stile, un modo nuovo di avere a che fare con i classici e di poterci scherzare su con consapevolezza e cognizione.

Il lettore si diverte e corre perché Roderick Duddle è un romanzo energico, travolgente, attraversato dall'avventura nella sua essenza più vera, ossia l'avvenire costante di situazioni e imprese, l'incrociarsi delle stesse, il rischio che incombe e le complicazioni che si susseguono fino allo scioglimento finale.

L'ironia di questo romanzo-esperimento è raffinatissima, è l'arte di citare un genere e un'epoca, di celebrarla e canzonarla allo stesso tempo, in un geniale lavoro di ispirazione e innovazione.

Mi ha fatto pensare a tratti a Il petalo cremisi e il bianco, romanzo che ho amato tanto per la sua scelta vittoriana e anti-vittoriana insieme, per quella sua audacia e la sua avvincente sfida ad un pudore anche letterario, operazione molto simile a quella compiuta da Michele Mari.

Ma Roderick Duddle fa un passo ulteriore, perché fa ridere, perché non si prende mai troppo sul serio.

In conclusione, Roderick Duddle è il trionfo dell'avventura, ma anche la prova che la letteratura, quando si fa ludica, quando gioca a mascherarsi e smascherarsi, a citare o ad evocare, può essere incantevole, può essere un mare di possibilità, può essere il vecchio, o meglio, il classico, che nel suo essere citato viene anche rifondato. O addirittura migliorato!

Commenti

  1. Devo dire che questa recensione mi ha incuriosita parecchio, specialmente quando hai tirato in campo Dickens e Stevenson - che poi "l'isola del tesoro" l'ha letto mio fratello, in realtà, mentre io mi buttavo su Jekyll e Hyde, più sulla mia lunghezza d'onda.
    Devo segnarlo nella mia lista desideri Anobii immediatamente. Grazie! C:

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    Risposte
    1. Grazie a te! Se decidi di avventurarti (letteralmente) nella lettura, poi vieni a dirmi che te n'è parso ;)

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  2. Avevo iniziato questo libro in ebook e mi piaceva così tanto che l'avevo interrotto per comprare il cartaceo, ancora purtroppo non l'ho fatto ma conto di farlo al più presto.

    Ho scoperto ora questo tuo angolino e mi piace tanto :)

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    1. L'ho letto anch'io in ebook e ora che so di amarlo me lo regalerò anche di carta, anche perché lo considero un grande classico da avere in casa!
      Grazie Viola, un abbraccio :)

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