I Love Books: 79. La casa della gioia
Oggi vi presento Lily Bart, l'eroina tragica di La casa della gioia di Edith Wharton che è diventata una delle mie figure letterarie femminili predilette, di un genere singolare e ad alto impatto emotivo.
Di Wharton avevo letto solo L'età dell'innocenza, ma all'epoca mi aspettavo di avere a che fare con un capolavoro, sapevo che le pagine che mi accingevo a leggere sarebbero state magnifiche e che Ellen Olenska non l'avrei più dimenticata. Così infatti è stato e non c'era da sorprendersi.
Qui siamo invece in presenza di un'opera minore e poco nota, credo ancora meno letta di Ethan Frome (che nemmeno io ho ancora letto) e la sorpresa di scoprirla come capolavoro è stata grande e inaspettata.
Ma chi è Lily Bart e perché ha fatto breccia così profondamente nel mio cuore di lettrice?
Lily Bart è una donna di 29 anni, bellissima e altrettanto intelligente, che vive nella New York dei primi del '900 in un'immersione full time e frenetica nella vita mondana dell'alta società, in un andirivieni di feste, viaggi, inviti, in un trionfo di socialità all'insegna dell'opulenza e dell'ipocrisia.
Dapprima si può provare un moto di fastidio per questa sorta di arrampicatrice sociale disposta a tutto pur di trovare un posto fisso fra gli agi fastosi della gente che frequenta, anche ad un matrimonio di convenienza e di non-amore.
Questa ostinazione nella ricerca del lusso, a cui è stata abituata fin da bambina, questo orrore verso la prospettiva di una vita modesta, la rendono agli occhi del lettore una figura a tratti disumana, immorale e antiromantica, ma allo stesso tempo anche attuale e vera, priva di quel perbenismo forzato e di quella perfezione aurea di natura più letteraria che reale.
Percepire della tattica e dell'artificio in lei è in qualche modo piacevole.
A ben vedere c'è tutta una serie di titubanze, di remore interiori, di rimandi, che mettono a nudo la vera Lily Bart, quella sensibile e impaurita, quella consapevole e disgustata, quella innamorata di Lawrence Selden, che non è un Creso e che vive di indipendenza rispetto alla norma della New York ricca che lei insegue.
Un uomo che Lily quasi si impone di non amare perché lontanissimo dal suo progetto di benessere; un uomo che ama Lily, ma che odia in lei quel conformismo sociale altoborghese, quella necessità di vivere dentro una gabbia dorata.
Man mano che il romanzo scorre Lily acquista sempre più una dimensione di sensibilità, sofferenza e abnegazione che la rendono una creatura tragica e sublime: all'aumentare dei suoi debiti, della sua indigenza e della sua smania di venirne fuori, aumenta anche la sua umanità e la sua dignità e quell'aura (apparente) di donna senza scrupoli cede il posto ad una dignità nobile e commovente, ad una disperazione di più facile empatia.
Il finale del romanzo è l'apice di un lungo ed incalzante climax ed è forse il momento più romantico in senso classico di tutta l'opera.
La scrittura di Edith Wharton (ottima la traduzione di Gaja Cenciarelli) è modernissima, audace, priva di manierismi gentili e leziosità femminili, un meccanismo perfetto di indagine sociale e psicologica del New England di inizio secolo
E poi è elegante e sontuosa, in qualche modo simile a quella di Henry James (suo grande amico e maestro, mio grande amore), con quella capacità raffinata e spietata al tempo stesso di indagare l'esteriorità e l'interiorità, il milieu sociale e i moti dell'anima.
Insomma, consigliatissimo: La casa della gioia vi parlerà di New York, di dimore e feste alla Fitzgerald, di una donna incantevole e combattuta, di momenti di gloria e momenti di sventura, di salite e cadute, di fas e nefas e lo farà senza darvi tregua e con vostro massimo piacere.
Sempre bravissima!
RispondiEliminaNon ho mai letto nulla della Wharton, anche se L'età dell'innocenza è in wishlist da tempo immemore... chissà non riesca quest'anno...
vedo che stai leggendo Villette... io dopo un paio di tentativi quest'estate, l'ho messo in pausa per l'autunno, mi sembra il periodo più giusto per il libro... fammi sapere poi!
grazie cara!
EliminaTe li stra-consiglio entrambi, la Wharton va assolutamente letta :D
Villette mi sta dando un po' di problemi di noia purtroppo...Era partito bene e mi aveva agganciato subito, ma poi ha perso mordente e arrivata al 65% mi chiedo se mollarlo o se fare uno sforzo per finirlo e vedere dove va a parare.
Ne parlerò sicuramente sul blog ;)