I Love Books: 96. La donna giusta



Poco tempo fa vi ho parlato del mio amore per Le braci, piccola potente meraviglia carica di tensione, attese e spirito narrativo fortemente seducente.

L'applauso scrosciante per Sándor Márai è scattato all'istante così come la voglia di saperne di più della fervente penna di questo scrittore ungherese da me sconosciuto.
Lo sconto di fine aprile del 25% sugli Adelphi è stato un invito a nozze per un secondo rapporto con Sándor. Ho scelto La donna giusta perché parla d'amore e perché pensavo potesse travolgermi come aveva fatto Le braci parlando di amicizia.

Purtroppo non è andata così.

La ricezione di quest'opera da parte mia si può suddividere in quattro momenti, tanti quanti i monologhi che la compongono:
1) sintonia rapida e promettente curiosità;
2) aumento dell'interesse, ma parallelo insorgere di un senso di inappagamento;
3) noia;
4) ipernoia.

Il primo monologo, di voce femminile, promette bene, incornicia il romanzo in un'atmosfera di raffinatezza psicologica e accattiva il lettore con la sua forma di confessione e di ricordo insieme. Insomma, ti sembra di avere fra le mani materiale gratificante e un punto di vista sofisticato.
Il secondo, in cui a parlare è l'ex marito della donna del primo monologo, è altrettanto bello, ma inizia a far capolino un senso di déjà vu centripeto che non porta da nessuna parte e che non crea alcuna tensione narrativa.
Il terzo (parla l'amante del marito) e il quarto (definito epilogo) sono stati aggiunti anni dopo dall'autore e si vede, sembrano scollati dalla tematica principale e hanno un retrogusto socio-politico mitteleuropeo tutt'altro che romantico, a tratti tedioso e fuori contesto.

Nonostante le quattro parti siano connesse fra loro, ho avuto la sensazione che mancasse un cuore unico e pulsante, un senso univoco.
La prima e la seconda si legano bene, reggono bene l'alternanza del punto di vista di lei e di lui, ma la terza e la quarta sono inutili, posticci.

Il risultato finale è un libro riuscito solo in parte e poco appassionato, che argomenta l'amore coniugale ed extraconiugale di tipo borghese con stile altrettanto borghese, privo di slanci, climax ed esplosioni, in maniera quasi programmatica, fin troppo teorica.
Il tema della ricerca della donna giusta (e dell'uomo giusto) non viene sviluppato come pensavo potesse fare uno come Sándor Márai, o almeno il Sándor Márai che ho idealizzato con Le braci.

Ne Le braci l'elemento romanzesco avvolge il lettore in una danza di curiosità e piacevole abbandono, ne La donna giusta il tono confidenziale e il mordente cedono il posto ad una freddezza generale che tiene il lettore sempre un po' esterno alla soglia di intimità del narrato.

L'amore borghese è noioso, è questa la verità, è fatto di dinamiche fin troppo tradizionali, di tradimenti prevedibili, di separazioni dimesse, il tutto contenuto sempre in una confezione di decoro formale che non trabocca mai.

Ho pensato spesso a Kundera leggendo La donna giusta, a quel suo modo filosofico di trattare l'amore, il tradimento, la coppia, i triangoli amorosi, al suo modo di sottoporre la trama ad un processo culturale, psicoanalitico, teorizzante.
E io non amo Kundera proprio per questo motivo, e purtroppo non ho amato Sándor Márai come la prima volta.

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