I Love Books: 107. Il buio oltre la siepe


Può un romanzo essere una carezza e anche un colpo di pistola? Può essere ammantato di estate, di spensieratezza infantile, di giochi e scoperte, di riti e di scommesse, e avere la forza titanica di scrollare la coscienza e di far provare una rabbia ruggente?

Il buio oltre la siepe può ed è questa la sua forza, la sua portata rigenerante e devastante al tempo stesso. Un tuffo nella beatitudine giocosa e creativa dell'infanzia (la mia empatia è stata tale da sovrapporsi completamente all'amarcord della mia infanzia) e uno sprofondare nella spire volgari e spietate della discriminazione razziale.
Divertirsi e arrabbiarsi, con la stessa intensità, ma senza perdere mai di vista il potere e la levità dell'innocenza, il sorriso fanciullesco.

La simpatia è appunto una delle chiavi di questo romanzo: è roba scottante, c'è di mezzo la questione razziale nel profondo Sud degli Stati Uniti degli anni '30, eppure ha un piglio scanzonato, lieve, una prospettiva ad altezza di bambino che rende sostenibile anche il panorama umano più ributtante.

Tutto merito della voce narrante del libro, quella sfacciata, scaltra e perspicace bambina di 9 anni che è Scout Finch, un idolo in miniatura, una trascinatrice brillante, un'avventuriera, una che non le manda certo a dire e preferisce i calzoni alla gonnella.
Insieme al fratello maggiore Jem, Scout trasforma la soporifera e afosa routine della loro vita a Maycomb, Alabama del Sud, in scenari da scoprire quotidianamente, in sfide e imprese di strada.    

Scoprire perché Boo Radley non esce mai di casa e cosa si nasconde dentro quelle mura così sinistre e immobili, così vicine alla loro abitazione eppure così lontane, provare a provocarlo e farlo venir fuori, è la loro occupazione preferita.
Inventare, escogitare, in un continuo moto di curiosità verso quel lato oscuro, quel diverso, quel "buio oltre la siepe" che nessun adulto sembra interessato ad illuminare.

E intanto crescere, tra la scuola e le sue contraddizioni, l'amore per il libri che è necessario come il respiro, le estati insieme all'amico-complice Dill Harris, i rapporti con la fidata domestica Calpurnia, con la severa zia Alexandra, con gli anziani vicini di casa, con il microcosmo di Maycomb e i primi scontri con ciò che è fuori da questa dimensione, qualcosa che attrae e atterrisce.

Ad un certo punto della narrazione l'infanzia incontra la cattiveria adulta, scopre il buio della ragione e il pregiudizio, i cancri resistenti dell'ignoranza e del razzismo,
Atticus è l'avvocato difensore di una vittima di questo sistema, un afroamericano accusato di violenza carnale da parte di una donna bianca che verrà condannato nonostante la sua innocenza; i suoi figli spettatori increduli di un processo giudiziario, e sociale, iniquo e disumano.
Atticus si era servito di tutti i mezzi a disposizione degli uomini liberi per salvare Tom Robinson, ma nei tribunali segreti dei cuori degli uomini non aveva alcuna probabilità di vincere. Tom era morto nell'attimo stesso in cui Mayella Ewell aveva aperto la bocca e urlato.
Il bianco che odia il nero e la purezza dell'infanzia che non ne sa cogliere il perché.
"No, Jem, io credo che la gente sia di un tipo solo: gente e basta!" 
dice ad un certo punto Scout, pensiero di una bellezza semplice disarmante, un inconsapevole inno universale alla tolleranza.

Sono sentimenti puri come questi a farti amare fino alla commozione questo romanzo, a farti sentire il suo cuore morbido e gentile, ma non buonista, la sua celebrazione semplice dell'infanzia che è la celebrazione dell'infanzia di ogni lettore. Un eden spensierato che nessun deve toccare.

Scout, Atticus, Jem: ho provato del bene reale, tangibile per loro.
Harper Lee me li ha offerti così profondamente, li ha scritti così umani, teneri, benevoli da farmi provare un sentimento caldo e vividissimo nei loro confronti, un piacere di ritrovarli ogni volta come persone care.

Il buio oltre la siepe è un romanzo in qualche modo rassicurante, un insieme armonico di avventure d'infanzia e di tepore domestico, di esplorazioni buffe e di rifugio famigliare.
Il male che lo attraversa, quell'odio razziale che fa orrore nel suo essere Storia, turba e ferisce il lettore, ma non riesce a vincere sull'entusiasmo, sull'ingenuità.
Finché c'è una bambina come Scout c'è speranza per questo mondo storto.

Aggiungo che Atticus Finch è il padre single di mezz'età più tenero e buono che io abbia mai incontrato in letteratura, una figura onesta, solida, altruista senza clamore, in grado di educare al meglio senza irrigidirsi mai con i suoi figli, senza moralizzare dall'alto.
Raramente mi sono imbattuta in una narrazione con un genitore, per di più vedovo, così magnifico, così ispirante.

To Kill a Mockingbird, uccidere un usignolo (letteralmente: un tordo americano), è il titolo originale dell'opera e solo leggendo il libro se ne può capire il significato metaforico.
L'usignolo è un uccello così innocuo e piacevole, così indifeso e rispettoso che ucciderlo sarebbe un peccato.
Uccidere l'innocenza è sempre un peccato.

Premio Pulitzer nel 1960, tre Oscar per il film tratto dal romanzo, Il buio oltre la siepe è la scoperta tardiva (grazie mass e social media per il suggerimento strategico) più dolceamara che io abbia mai fatto, Scout Finch la mia nuova mini-icona femminista e Harper Lee l'emblema di come dovrebbe essere la narrativa: scanzonata e impegnata. Indimenticabile.

Grazie Truman Capote per averla convinta a scrivere (tra geni ci s'intende).

PS: il 19 novembre tutti in libreria ad accaparrarsi Va', metti una sentinella.
  

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