Il mio parere su Nebraska


Il contesto in cui ho visto questo film è piuttosto ironico: io e il mio ragazzo, di domenica pomeriggio, in un cinema dalla struttura e dall'odore old style (cosa che a dire il vero adoro), circondati su ogni lato e prospettiva da VECCHI. Non vecchi dall'aplomb distinto, silenziosi e cinefili, ma vecchi (e soprattutto vecchie) chiacchieroni e disturbanti, quel tipo di vecchio a cui la senilità sta facendo perdere l'educazione civica in nome di un arteriosclerotico ritorno all'infanzia.
E siccome Nebraska (di Alexander Payne, 2013) è un film che parla di vecchi, di vecchiaia pesante e di giovani che devono in qualche modo gestirla, la cosa ci ha fatto sorridere (dopo le bestemmie mentali); è stata una sorta di esperienza di cinéma vérité, ai limiti della candid camera.

Detto ciò, vi dico senza tergiversare che Nebraska è un film bellissimo.
Potrei fermarmi qui, ma voglio anche dirvi che è una miscela perfetta di road movie scanzonato e cinema di riflessione, di nostalgia e autoironia, di tristezza e di divertimento, e che la sua fotografia in bianco e nero trasmette un senso di poesia perfetta che il colore avrebbe effettivamente spoetizzato.
La tinta scelta dal regista è giustissima per un film del genere, è un amplificatore cromatico di sensazioni, toni, parole, gesti.

Nebraska è un film essenziale (i suoi titoli di testa ne sono chiara spia), sembra fatto di poco o niente, ma ha un'anima commovente e umanissima. Ha uno sguardo sulla senilità tutt'altro che elegante ed edulcorato, ma coraggioso nel mettere a nudo tutta la pesantezza, l'esasperazione e il capriccioso della vecchiaia. La cosa meravigliosa è che alla fine ci si ride su ed è una gran bella sensazione di salvezza.

La cosa che mi è piaciuta più di tutte è il protagonista Bruce Dern (il padre della grande Laura) nei panni di Woody, un vecchiaccio scarmigliato e maleducato che mi ha ricordato una versione più provinciale e meno sofisticata dell'antipatico Boris Yellnikoff di Basta che funzioni.
Un beone canuto e dalla costante monoespressione facciale a metà tra "non ci sto capendo un cazzo" e "mi hai rotto il cazzo", la cui ostinazione è qualcosa di esasperante, ma alla fine anche di tenerissimo. Come la vecchiaia d'altronde.
E tenerissimo e pieno zeppo di amore è anche l'approccio del figlio David (Will Forte) alla testa durissima del padre e alla sua senilità intrattabile, ma bisognosa di profondo rispetto.

Grande protagonista è poi l'America del Montana e del Nebraska, con le sue sconfinate distese agricole, il cielo ampio, le lunghe autostrade desolate e quella sonnolenza campagnola di cui il viaggio in macchina fotografa la quintessenza.
Il tutto accompagnato da un commento musicale folk bellissimo che si sposa perfettamente alla dolce nostalgia paesaggistica circostante.

Bravo ancora una volta Alexander Payne, che mi aveva già conquistata con A proposito di Schmidt  e Sideways (non ho visto Paradiso amaro), e che fa film sui generis in cui c'è sempre un dolore, ma come preso in giro e rimesso in prospettiva attraverso l'ironia, l'irriverenza, il sarcasmo. Il modo migliore per riflettere sulla vita e le sua molteplici magagne senza intristirsi.


Commenti

  1. non l'ho ancora visto, ma ho visto gli altri, compreso Paradiso amaro, e mi sono piaciuti tutti :)

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  2. Uffa non sono riuscita a vederlo! Ne sto perdendo un sacco ultimamente, anche perchè certi film (come quello dei Coen) li stanno tenendo in sala pochissimo :(

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    1. Nebraska poi è stato distribuito in poche sale...Spero tu riesca a recuperarlo in qualche modo perchè è davvero una perla :)

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  3. Concordo su tutto quello che hai scritto su questo film, anche a me è piaciuto un sacco. E soprattutto mi ha fatto venire una gran voglia di partire per gli States! p.s. sono una nuova follower :-)

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