I Love Books: 147. Il mulino sulla Floss


In Perché leggere i classici Calvino dice:
Chiamasi classico un libro che si configura come equivalente dell'universo, al pari degli antichi talismani.
Il mulino sulla Floss, di cui nessuno parla probabilmente dal secolo scorso e che io ho letto in un'edizione stravecchia e ingiallita (ma esiste anche in edizioni Oscar Mondadori nuove di zecca), è stato per me un equivalente dell'universo.

L'universo come insieme di dinamiche, fatti, tendenze, visioni che hanno validità e durata da sempreverde, che puoi trovare in ogni cosa e in qualsiasi dimensione, che permette il riconoscimento, il sentirsi parte di un tutto senza inizio e senza fine. L'universo come emblema, come talismano.
Nelle scienze naturali, per quel che ho inteso, non c'è nulla di meschino per l'intelligenza che possegga un'ampia visione dei rapporti: tale che ogni oggetto singolo le richiami tutta una folla di circostanze concomitanti. Lo stesso si verifica senza dubbio nell'osservazione della vita umana.
Una cosa che ha a che fare con l'umanità in tutta la sua estensione, e con il nostro starci dentro, contro, attraverso, con il provare le stesse ampie passioni e il ritrovarci alle prese con le stesse eterne sfide. Concetti come epoca, mentalità, località vengono meno quando si parla di universo.

Non è prevedibilità o deafault cosmico, è solo un processo di identificazione perfetto e senza coordinate spaziotemporali.
Vicende che, estraendo i dettagli, si fanno racconto di noi stessi.

Come quelle della famiglia Tulliver, gruppo di tipi umani inglesi in cui riconosciamo noi stessi o qualcuno che conosciamo bene. Che siano di fine Ottocento poco importa: la loro storia è la nostra.

Non nel senso che anche noi possediamo un mulino di famiglia a St. Ogg's e poi le cose girano male e ci ritroviamo poveri in canna, ma nel senso che certe vicende ci condizionano l'esistenza con prepotenza biblica.

George Eliot ci racconta una storia e ci racconta di noi o di cose che a noi non suonano bizzarre o improbabili.
Questo romanzo è un talismano e lei ce lo appende al collo.

- C'è un rapporto fratello-sorella che ha tanto da dirci sulle relazioni familiari, sulle diversità di vedute e di indole fra consanguinei che a volte può essere complementarietà, a volte scontro atavico.
Tom e Maggie, così differenti nel sentire e nel pensare, così uniti e spezzati e uniti senza sosta, ci parlano della fratellanza e della sua prepotenza, dell'amore inevitabile anche nel rifiuto ostinato di esso.

- C'è l'eterna lotta tra ragione e sentimento che è la lacerazione madre per ognuno di noi, la tirannica alternanza tra il dovere e il volere, un dualismo che si può mettere a tacere ma che torna sempre a dividerci.
Ciò che accade a Maggie è una guerra, un andare e venire di volontà e di resa, e si prova rabbia furente e frustrazione, ma anche infervoramento femminista mentre si leggono le sue vicende.
Il gran problema degli instabili rapporti tra passione e dovere non riesce chiaro a nessuno di quelli che siano in grado di mettersi a pensarci...
- C'è il tema delle colpe dei genitori che diventano pene dei figli. Mr. Tulliver, invischiato in cause e in perdite economiche, e Mrs. Tulliver, incapace di personalità e intervento critico, rovinano il presente ai figli, ne uccidono il futuro. L'esposizione al bene o al male dipende sempre tanto da chi ci ha generato; George Eliot ce lo dice forte e chiaro, ci costringe a fare i conti con chi siamo per scelta e con chi siamo per pura biologia.

- C'è la questione delle donne vittime rispetto a uomini che lo sono molto meno, quel soccombere più totale alla propria condizione femminile, a quell'epoca più che mai, laddove l'uomo può trovare il riscatto, può conoscere il lavoro, l'intraprendenza, il mondo esterno.
Non stupisce che Il mulino sulla Floss sia considerato un libro femminista: fra le sue pagine c'è una sofferenza e c'è una denuncia, c'è una resa e c'è un voler muovere sentimenti verso un'ingiustizia.

- C'è la critica sottile e ampia insieme ad una mentalità, basata sull'ipocrisia e il culto acritico di valori.
Nella piccola borghesia di campagna non c'è spazio per la personalità, per la sete di sapere, per la donna che non sia vestale domestica e sottomessa. Maggie non può avere felicità in un ambiente che la pensa così:
Le donne intelligenti sono come pecore dalla coda lunga: non vengono pagate ad un prezzo maggiore per questo.
- C'è l'analisi palpitante della nascita di un amore imprevisto e quelle pagine sono fra le più tese e coinvolgenti del romanzo, un invito al batticuore, un ritorno a tutte le scariche di contrasti emotivi che dà l'amore.

- C'è la natura über alles, quella forza silente e primordiale che rimette le cose in prospettiva mentre le distrugge. Ma anche natura da amare, luoghi sconfinati e aperti dove sentirsi a casa, dove voler tornare sempre perché i cieli, i fiumi, i boschi ci chiamano a sé e noi non resistiamo. La Floss sopra ogni cosa, grande madre e padrona, acqua indifferente cui ci si riconosce e in cui ci si perde.
Tom pensava alla condizione di inferiorità della gente che viveva in altri luoghi del mondo; e Maggie, quando leggeva di Christiano che passa "il fiume sopra cui non c'è ponte", sempre rivedeva la Floss tra i verdi pascoli, presso il Grande Frassino.
E poi c'è molto altro.

Ci si appassiona a tutto ciò, si sente la dimensione avvolgente del grande classico, della letteratura che non ha mai smesso di dire quel che voleva dire. Ci si addentra nelle psicologie, nelle geografie, nei moti dei personaggi, di Maggie specialmente, e si diventa esploratori dell'umanità, dell'universo.

Quella Maggie che colpisce fin dalle prime pagine, con quell'insistenza sul colorito bruno e i capelli scuri e ingestibili (niente creature angelicate vittoriane) che fa venire in mente Jane Eyre e un tipo di donna tutt'altro che stereotipata. Una donna complessa, curiosa, saggia, almeno finché le circostanze lo permettono, finché la famiglia e la società non le schiacciano la testa.
Succede a me quel ch'io sempre pensavo fosse il destino del povero, infelice orso bianco che ho visto alla fiera. Con l'abitudine di dondolarsi avanti e indietro in quel piccolo spazio, immaginavo dovesse essere diventato così stupido che, anche lasciato in libertà, avrebbe seguitato a far la stessa cosa. Si prende la cattiva abitudine di essere infelici.
Nonostante la traduzione più vecchia di mio nonno e gli impegnativi arcaismi, nonostante le parti ipertragicamente tragiche, nonostante la rabbia per il finale e la solita sfiga femminile, ho amato tanto quest'opera, più di Middlemarch,

Sarà un mio nuovo vecchio classico di riferimento.

Commenti

  1. Una moltitudine di elementi, un classico con la c maiuscola e io che mi sento così piccola e ignorante a non averne mai sentito parlare prima d'ora.
    Devo recuperarlo.
    Grazie mille

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    1. Grazie a te 😊. I classici non scadono mai, hai tutto il tempo che vuoi per recuperare e amare George Eliot 😉

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  2. Leggere questo post mi ha riportato indietro di una quarantina d'anni. Alla scuola media si organizzava ogni anno una biblioteca di classe con almeno un libro donato da ogni alunno. Ogni settimana prendevano un libro in prestito e pagavano una piccola quota. Al termine dell'anno la prof. di lettere con tutte le quote raccolte comprava un libro per ciascuno e li distribuiva per sorteggio. Un anno mi tocco' in sorte "Il mulino sulla Floss". Non ricordo se mi piacque, ma ricordo ancora la copertina e adesso ho voglia di rileggerlo☺

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  3. Ho letto questo libro qualche mese fa (in un'ottima versione ebook della mondadori fortunatamente) ed è stato bello leggere la tua analisi, riconoscere e ricordare tutti i temi presenti nel libro: ho adorato il rapporto fratello-sorella... ho sofferto per la povera Maggie, completamente schiacciata da questa società che non vuole minimamente accettarla per come è, ma costringerla a reprimere tutta se stessa... però il mio preferito resta Midllemarch :)

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