I Love Books: 103. L'incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio
Le atmosfere nella scrittura di Murakami sono tutto, fanno più del contenuto.
Non fa eccezione L'incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio.
La solita magia della stasi riflessiva, dell'individuo solitario ma mai isolato dal suo pensiero, dal suo interrogarsi lento e accurato.
Sempre senza fretta, senza violenza verbale, senza carichi insostenibili di parole e periodi.
Pulizia nipponica, essenzialità intrisa di spessore.
Devo dire che da amante di Murakami ho trovato questo romanzo un po' meno completo dei suoi illustri antecedenti (ad eccezione di 1Q84 che è indegno del suo autore e che io ripudio in toto, come non esistesse), fin troppo sfuggente.
Vero è che con Murakami la sospensione, il surreale che non rivela mai fino in fondo il reale, il non detto, le percezioni mai troppo nette, sono di casa, però questo Tazaki Tsukuru mi è parso frammentario, labile.
Ne avrei voluto ancora della sua vita, della sua storia; la sensazione post lettura è stata quella di non essermi saziata, le pagine sono poche per la portata complessa della trama.
Ad ogni modo ho amato le sensazioni di ovattata riflessione che offre Murakami e ho amato anche la vicenda narrata, questa storia di amicizia giovanile fortissima che finisce all'improvviso quasi uccidendo l'abbandonato Tsukuru, che non sa perché venga estromesso dal gruppo e a distanza di anni è ancora lì col pensiero, persino col corpo.
Cosa è successo davvero? Che fine hanno fatto Aka, Ao, Shiro e Kuro, i cui cognomi equivalgono a dei colori? Cos'è che fa sentire Tsukuru così incolore oltre all'assenza di colore nel suo cognome?
Ci saranno delle ricerche, ci saranno degli incontri, verranno fatte domande le cui risposte non hanno mai un confine certo.
C'è tanta solitudine in questo romanzo, nel suo protagonista e nella sua esistenza a Tokyo, c'è una lunga, sofferta meditazione sull'amicizia e la sua forza estrema, sopratutto quando si è giovani e totali nel sentire.
C'è una carica di mistero potente, forse la più intensa che abbia trovato finora in Murakami, quella più destinata a rimanere tale e a non darsi al lettore.
Ci sono personaggi che appaiono e poi scompaiono senza tornare più, dubbi non sciolti, situazioni lasciate alla fantasia (o alla frustrazione?!) di chi legge e tutto ciò è murakamiano al 110% (quel 10% è in questo caso l'eccesso di tale tendenza) e si ama perché si ama Murakami e si accetta perché questo scrittore giapponese è fatto così, di incanto, di suggestioni, di lentezza, di percorsi per lo più interiori che non devono per forza arrivare dritti al punto o essere perfettamente razionali.
Non il migliore Murakami a mio parere, ma la vostra, anzi la nostra dose di surreale, di onirico, di delicatezza nipponica è garantita anche questa volta.
E dire che io di Murakami ho letto solo "1Q84". Mi è piaciuto, anche se mi ha lasciato perplesso e non poco nel volume finale.
RispondiEliminaDi 1Q84 ho letto solo il primo volume e mi ha deluso così tanto che non ho voluto prendere il secondo. L'unica delusione avuta da quest'uomo!
EliminaMi aspetta in libreria tra i libri da leggere... non vedo l'ora, i manca leggere Murakami... :-)
RispondiEliminaAnch'io dopo un po' di altre frequentazioni letterarie sento il periodico bisogno di una capatina dalle parti di Murakami.
EliminaBuona lettura!