Tre film che ho visto di recente, tre stili, tre livelli diversi di qualità e consistenza. Ve ne parlo in pillole... Il filmone in questione è Detachment - Il distacco (di Tony Kaye , 2011), un'opera in stato di grazia, poetica, potente, dolorosa, di impatto fortissimo. Non può lasciare indifferente nemmeno il più distaccato degli spettatori. Adrien Brody è sublime e commovente nei panni di un insegnante alle prese con l'adolescenza americana media, maleducata, aggressiva e disturbata e forse questa è la sua interpretazione più toccante. Pensavo che American History X fosse il massimo di violenza, rabbia e frustrazione che un film potesse trasmettere e che non avrei più ricevuto pugni così tremendi allo stomaco, e invece la forza violentatrice dell'anima di Tony Kaye è tornata, più affilata e malinconica che mai. Capolavoro. Il film , mediocre ma con del potenziale, a cui mi riferisco è Love & Secrets (di Andrew Jarecki , 2010). Poteva essere un bel
L'avreste mai detto che i puritani inglesi notoriamente poco esemplari dal punto di vista erotico ed elegantemente asessuati, avessero inventato un oggetto kitsch come il vibratore ? Ebbene sì, e la messa in scena di questa bizzarra e casuale trovata autoerotica diventa un film godibilissimo (in tutti i sensi) come Hysteria (di Tanya Wexler , 2011). Una commedia leggera e frivola ma per nulla stupida, britannicamente sobria ma molto molto divertente. Nella Londra castigata e vittoriana del 1880, qualsiasi debolezza femminile, dal pianto immotivato alla rabbia all'ansia, veniva ricondotto molto semplicisticamente alla diagnosi di "isteria" , intesa come spostamento dell' utero (hustéra, in greco vuol dire appunto utero) che andava pertanto rimesso a posto attraverso una serie di "frizioni" manuali. Ovviamente l'idea che infilare le dita dentro la vagina femminile potesse generare godimento e pertanto liberazione nella donna non era nemme
C'è sempre un grande classico non ancora letto nonostante i primi capelli bianchi e l'amore millenario per i libri. Un classico che improvvisamente si decide di leggere nel 2017, presi per mano dal tempo dilatato dell'estate e da un gruppo di lettura online (gli amabili Scratchreaders dell'amato Scratchbook ) per sentirsi meno terrorizzati da certi abissi oceanico-letterari. Così in questo inizio estate, per la prima volta a 33 anni, ho letto Moby Dick , grande Leviatano letterario che ho evitato per decenni e per errore, perché convinta fosse un'avventura di pirati e di ittica megalomane, un testo per ragazzini che aspirano a diventare capitani coraggiosi e vanno matti per i documentari sulle balene e i pesci martello. Ci vedevo dentro uno speciale di Superquark con ricostruzione 3D della balena e ci vedevo tanta noia. "Ma scherzi? Non fa per me!" e affini. Nelle esortazioni di chi me lo consigliava vedevo promesse da marinaio. A me di balene no
Quando si dice un capolavoro! Ho letto questo romanzo di Maupassant con passione e divertimento e oggi, che sono arrivata alla fine con il sommo dispiacere di dover lasciare il protagonista Georges Duroy, mi sento di dire che è uno dei libri più belli che abbia mai letto. Scorrevole, brillante, scritto superbamente, con descrizioni fotografiche e dettagliate che immergono nello spirito e nella vita parigina ottocentesca, moderno e tutt'altro che ingessato, il romanzo si fa divorare che è un piacere. Protagonista assoluto è Georges Duroy, un giovane provincialotto che si trasferisce a Parigi in cerca di fortuna e che, grazie soprattutto al suo fascino e al successo straordinario con le donne (che lo chiamano affettuosamente Bel-Ami), riesce in breve a diventare un giornalista di grido e a scalare vette sociali ed economiche impensabili. Un arrampicatore sociale senza limiti e moralità, un irresistibile e sfrenato don Giovanni, che ha una vanità e una leggerezza di tipo contemp
Frances McDormand , Richard Jenkins , Bill Murray : basta questa trinità di mostri sacri (più il logo HBO ) come garanzia dell'eccellenza di questa miniserie. Tuttavia aggiungerò due parole perché le cose belle vanno celebrate e condivise. Olive Kitteridge è una di quelle serie fatte di poco o niente, di molta stasi atmosferica e poca azione, che riescono a commuoverti a livelli molto profondi. Qualcosa che ha a che fare con la poesia, un tipo di poesia malinconica e scabra. Ho pensato spesso a Stoner mentre la vedevo, non per somiglianza di trama, ma per la stessa capacità di creare bellissime suggestioni con il minimalismo, con cose, gesti e parole di piccola portata, con la banalità della quotidianità e per la capacità di parlare della vita semplicemente mostrandola, nella sua essenzialità, nella sua natura normalmente antiromanzesca. Sullo sfondo di un Maine dalle tinte oceaniche e floreali, in una cittadina sonnacchiosa di nome Crosby che fa pensare alla Cabot Cove
Ho iniziato questa serie tv con un po' di scetticismo e di tensione, temendo che fosse qualcosa di estremo e mostruoso che mi avrebbe scioccato, una di quelle cose malate e distorte alla Lynch che mal sopporto perché temo di perdere il senno guardandole. Trovato il coraggio per affrontare da sola, in tarda serata, la puntata pilota, il resto è venuto da sé ed è stato pura seduzione, avida curiosità, necessità fisica di andare avanti e scoprire, esplorare, sapere. Insomma ne sono diventata dipendente in men che non si dica e quando ieri ho visto l'ultima puntata ho provato subito nostalgia per un amore estremo finito (ma che ritornerà, spero più truce che mai, con la seconda stagione!). Ma che cos'è American Horror Story , la serie creata da Ryan Murphy e Brad Falchuck (gli stessi di Nip/Tuck e Glee !) di cui tanto si è parlato e si parla? E' la classica storia dell'orrore all'americana ambientata in una casa maledetta dove succedono strane cose, nul
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